Poter chiudere anche soltanto mezz’ora dopo gli altri, o dover chiudere sempre prima degli altri, a volte si rivela un particolare decisivo. Vedi le elezioni spagnole: lo spoglio comincia domenica alle 20, partono gli exit poll e chi è costretto a chiudere presto è indotto ad azzardare, perché i condizionali e i “forse” sono banditi nei titoli di prima. Una cosa però è certa: popolari davanti ai socialisti e Vox che perde voti, quindi governo difficile. Qui si compie il gioco dei titoli, modulati sulle opposte passioni: chi esalta la vittoria popolare e chi sottolinea la sconfitta dell’estrema destra, che colleziona due “flop” e due “crolli”, mentre va per la maggiore il verbo “sfondare”, in positivo e in negativo, preceduto da “non”. (Tutti i titoli sono di ieri, 24/7). Didascalico il “Corriere”: «Spagna, governo difficile. Bene i popolari, male l’ultra destra di Vox. I socialisti meglio del previsto». Ed ecco l’onomatopeico flop, il palloncino che si sgonfia. “Repubblica”: «Flop sovranista. Crollo dell’estrema destra di Vox». “Giornale”: «Popolari primo partito. Flop di Vox, Sánchez tiene». Poi “sfondare”, “sgonfiare” e “crollare”. “Fatto”: «Vox si sgonfia». “Domani”: «Vox non sfonda. Ora tutto è nelle mani del finto moderato Feijóo». “Stampa”: «Sanchez ferma la destra. Crolla Vox». “Verità”: «La Spagna va a destra: vince il Pp ma Vox non sfonda». Pecca forse di precipitazione “Libero” che a pagina 7 è sicuro: «Vince il Centrodestra. I Popolari sfondano. Maggioranza con Vox» e in prima azzardano un commento in salsa tricolore: «Il modello Salvini-Meloni vince in Europa». Prudente invece il “Tempo”: «Il voto in Spagna è testa a testa». Non entra nei dettagli il “Quotidiano nazionale”: «Vince la destra».
Piccoli refusi senza importanza. La “Stampa” (20/7, pagina 23), a corredo del servizio sulla fuga dalle metropoli negli Usa, pubblica una cartina sulle «principali agglomerazioni urbane». O agglomerati? E qui comincia la strage: Filadelphia per Philadelphia, Phenix per Phoenix (posta sulla costa est, non in Arizona) e soprattutto Atalanta per Atlanta, per lo sconcerto, o il giubilo, dei tifosi bergamaschi. Resterebbe Gian Maria Vian che su “Domani” (16/7) attribuisce il film Mission, di Roland Joffé, a Martin Scorsese: piccola cosa in sé, ignominia per i cinefili.
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