Ivan e Sabina sono sconcertati, senza parole. Da 5 anni hanno ridato vita a Villa Pizzini, un ristorante con camere in cima al Mottarone, a pochi metri dall'arrivo della funivia, da dove si scorge il panorama più ampio sul lago che infonde una sensazione di infinito, perché la bellezza è infinito. Ci sono stato un anno fa, salendo per chilometri con l'auto, fino a varcare un casello dove paghi per raggiungere l'ultimo tratto, sempre in mezzo ai boschi. Lui 34 anni, lei cuoca, 30 anni, hanno cercato fin dagli inizi di fare una cucina il più possibile a chilometro zero, coltivando l'orto e allevando galline livornesi che danno uova buonissime. Alla partenza puoi anche acquistarle, come facemmo con Francesca Settimi che poco più sotto, a Colazza, ha aperto la sua scuola di cucina sul lago per gli stranieri che cercano questa cifra italiana per innamorarsi ancora di più del nostro Paese. «Domenica era una giornata bellissima – racconta Ivan – dove finalmente potevamo servire i clienti all'aperto, perché le temperature lo consentivano. Alcuni sono arrivati con la funivia, anche se la maggior parte della clientela ci raggiunge in auto, ma con questa tragedia la montagna non c'entra nulla – dice con l'orgoglio di chi ha guadagnato una posizione in un luogo quasi fuori dal mondo –, speriamo che la gente capisca, non possiamo far morire la montagna». E intanto la cronaca incalza per conoscere dove sta la responsabilità di una tragedia che ha spezzato la vita di 14 persone in una domenica di maggio. E si alza il tappeto di un'Italia che spesso nasconde i problemi, pensando che la prevenzione sia un costo su cui si può risparmiare. Anche il personale addetto alla sicurezza sarebbe stato risicato, si legge. Ma il senno di poi non consola, pensando alle tante fragilità che ha mostrato negli ultimi anni un Paese che nel turismo ha uno dei suoi punti di forza. Qui intorno al lago ci sono stati anni dove i figli di chi aveva costruito una villa sull'onda del boom economico avevano voltato le spalle, perché i soldi per i Caraibi non mancavano. I miei suoceri, da Milano, invece, fecero il viaggio di nozze da queste parti, appena finita la guerra, perché il lago era un mito, che pian piano ha riconquistato le sue posizioni, anche grazie alle ondate di clienti russi, arabi, inglesi. E se questo non è il tempo per chiedere soldi – parafrasando Draghi – almeno lo sia per destinarli a un piano che rimetta in sicurezza un Paese che non può vivere, anche, nella fragilità infrastrutturale.