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La Sicilia ricorda Alcide De Gasperi, «un uomo che ha vissuto per morire bene»

Maria Romana De Gasperi sabato 30 maggio 2009
Un album di pelle scura con una borchia di argento nel mezzo, mi ricorda un incontro interessante a Montagnareale, bellissimo paese sul pendio che sovrasta la città di Patti. Di fronte, il mare di Sicilia si apre in un placido golfo, dietro, le colline verdi di aranceti e di ulivi e poco lontano il profilo dell'Etna con il suo fuoco e la sua neve. Bisogna andare a conoscere questi piccoli luoghi per ritrovare l'amore per la cultura. Essi sono ancora a misura d'uomo e lasciano spazi al pensiero, alla fantasia, alle memorie. Qui l'associazione Teatro e cultura da vent'anni premia attori, poeti, scrittori, studiosi, autori di solidarietà e in ultimo con «I sentieri dello Spirito» anche uomini e donne che hanno dato esempio di vita illuminata dalla fiducia nel bene dell'umanità e nella certezza di una fede.
Nelle prime pagine dell'album c'è la presentazione inusuale di De Gasperi come «uomo che ha vissuto per morire bene» e la motivazione del premio ha anche accenti differenti da quelli che siamo abituati ad ascoltare. Essa dice così: «Il controverso tema del rapporto tra fede e professione, fu inteso da Alcide De Gasperi non come giustificazione del suo operato, ma rappresentazione visiva di ciò attraverso una serie di cerchi concentrici, il cui primo, quello centrale fu riempito da Dio, un altro dalla famiglia, un altro ancora dalla missione politica. Il tema della fede è stato per De Gasperi un continuo richiamarsi alla necessità di proporre con coraggio la persona di Gesù Cristo, come evento risolutivo della storia, mostrando fino in fondo la valenza spirituale e la necessità della Sua presenza e del Suo messaggio».
Continuando a voltare le pagine dell'album viene incontro tutta una interessante sperimentazione culturale di larghi orizzonti dove l'attenzione non è solo rivolta a personaggi noti come Dacia Maraini, Pippo Baudo, Lina Wertmüller, Salvatore Natoli, suor Caterina Capitani, Alberto Bevilacqua, Arrigo Petacco, nomi qui scelti a caso tra i tanti che raccoglie il piccolo album. Ma la parte più densa di interesse resta quella delle poesie scritte dalla gente del luogo, che si lascia coinvolgere dall'incanto di quella natura e lo trasforma in quel sentimento universale capace di restituire all'uomo il suo iniziale stato di serenità e di piacere.
Scrive Giuseppe: «Trastulli di fiori secchi divampano nell'immenso verde che ancora vive, arde di desiderio un bocciolo di rosa scomposto nelle sue movenze ma ancora vegeto di odori, si lascia dipingere dal sole opaco di brullo color viola prima che il vento sfuggito dal ventre di un colle lo semini in tanta fioritura. Si adagia lo stelo senza spezzarsi, s'inchina rispettoso declinando il capo verso quello spiraglio di cielo rimasto ancora pulito...». Grazie allora a Luigi Ruggero animatore instancabile di questa associazione e di questa gente.