Una bella notizia. Proprio così, l'accordo strategico fra le due organizzazioni storiche del vino italiano - Federvini e Confederazione Italiana della Vite e del Vino - non può essere altro che una bella notizia. Almeno per un motivo: è il segno di un metodo di lavoro che cambia.
Perché si sa, una delle critiche più pesanti e vere fatte al mondo del vino e dell'agricoltura in generale, è relativa alla sua frammentazione aziendale e, soprattutto, strategica. E la vitivinicoltura, con le sue eccellenze e con la valanga di etichette che la contraddistingue, non ha fatto fino ad oggi eccezione. Una situazione, occorre sottolinearlo, frutto anche della effettiva proliferazione di prodotti. Basta pensare che, stando alle stime del Forum Spumanti d'Italia, i vini italiani sarebbero trentottomila, gli spumanti tremila.
Oggi qualcosa sta cambiando? Potrebbe essere visto che l'obiettivo dell'accordo fra Federvini e Confederazione Italiana del Vino (l'anima politico-sindacale dell'Unione Italiana Vini) è arrivare ad una rappresentanza congiunta per «superare uniti - si legge in una nota - le sfide, le minacce e cogliere le opportunità che i nuovi scenari impongono al settore vitivinicolo italiano». In Italia e all'estero, ovviamente. Di cose da fare, d'altra parte, ve ne sono tante, a partire dalla discussione delle numerose proposte che a Roma e soprattutto a Bruxelles sono destinate a ricostruire l'assetto normativo del comparto. Il progetto, però, prevede anche una razionalizzazione dei servizi agli associati. Risvolto, questo, che fa pensare anche ad una ridefinizione dei costi di gestione e quindi dei bilanci. In ogni caso, si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana, tenuto anche conto che le due organizzazioni hanno vissuto fianco a fianco per circa cento anni, avendo anche in comune una buona fetta di aziende.
Per capire quali saranno gli effettivi risultati di questo passo in avanti, occorrerà naturalmente aspettare le risposte del mercato. Che, intanto, partendo da una giro d'affari al consumo stimato sempre dal Forum Spumanti di 9,5 miliardi di euro (1,95 solamente per gli spumanti), si muove per conto suo ampliando e comprimendo i canali di vendita. Nel 2005, per esempio, secondo le prime anticipazioni statistiche del Vinitaly 2006, sono cresciute ancora le vendite di vino nella grande distribuzione che hanno superato il 62% in volume, pari a oltre 5 milioni di ettolitri; sommando anche le vendite di vino nei discount si arriva ad una percentuale del 75,4%.
Dimensioni assolutamente diverse da quelle raggiunte dal canale delle enoteche che arriva al 6,5% in volume e al 16,5% in valore. E non solo, perché negli ultimi dodici mesi a crescere nei supermercati sono stati proprio i vini doc e docg (che coprono circa metà delle vendite), mentre a diminuire sono stati i prezzi: una normale bottiglia da 75 ml, costa in media ormai 2,85 euro. Anche di questo dovrà tenere conto l'accordo strategico appena concluso.