La sfida (difficile) della fiducia
Dal punto di vista delle grandi voci che compongono i bilanci, Ismea ha rilevato un aumento dei costi aziendali per l'acquisto di mezzi correnti di produzione, soprattutto per carburanti, concimi, mangimi e fitosanitari, tendenza peraltro confermata dalle previsioni delle imprese per l'ultimo trimestre del 2011. Sul versante delle vendite, inoltre, il mercato, a giudizio degli operatori, non presenta prospettive migliori delle condizioni attuali, in un trimestre in cui hanno prevalso i pareri negativi anche sull'andamento degli affari correnti. Soprattutto, rimane il divario fra domanda interna e mercati esteri. La prima continua a creare problemi di tenuta, i secondi, al contrario, riescono a dare qualche soddisfazione. In diminuzione, però, è stata registrata anche la produzione, attesa in calo fino alla chiusura dell'anno. Parlando in termini di «affari correnti» dell'impresa, il 56% degli operatori interpellati si è espresso per un andamento nella norma; mentre la rimanente quota del 44% si è divisa tra pareri positivi e negativi, con una prevalenza dei secondi (28,5%) sui primi (13,5%). Pur in un contesto di questo genere, l'Ismea ha rilevato una sostanziale tenuta dei livelli occupazionali: il 95% degli operatori non ha indicato, tra luglio e settembre, variazioni di rilievo rispetto ai tre mesi precedenti.
A questo punto, che fare? Al di là dell'andamento dei mercati che, com'è noto, è difficilmente influenzabile o almeno gestibile dagli agricoltori, le organizzazioni agricole chiedono robuste iniezioni di fiducia a base di provvedimenti concreti. Ma è un problema storico quello che deve essere affrontato. Si tratta di mettere mano a carenze strutturali della nostra agricoltura, a divisioni strategiche e a criticità che, parrebbe, iniziano a pesare troppo sui bilanci, anche su quelli delle aziende agricole più dinamiche ed orientate al mercato e alla competitività. Il vero ostacolo da superare sembra essere quello di riuscire a dare risposte chiare e condivise in tempi brevi, accantonando approcci di parte e guardando di più al complesso dell'agricoltura nazionale che produce qualità ma non a strategie adeguate per valorizzarla.