Tutta la poesia è poesia d'amore perché dietro ogni grande uomo (e il poeta dovrebbe esserlo) c'è sempre una grande donna, e dietro la grande donna (dicono le malelingue) c'è sempre un altro uomo. Resta la domanda sul perché qualcuno non può fare a meno di mettere in versi il proprio amore per una Laura, o una Silvia, o Lesbia (Catullo), o Atthis (Saffo), anziché limitarsi a incidere sulla corteccia di un olmo un cuore trafitto con le iniziali C. G. (che stanno per Carlo e Ginevra), oppure a scrivere per esteso su un muro – ed è l'unico graffito che mette allegria – «Carlo ama Ginevra».Aveva ragione Jean Rostand quando ha detto: «Letteratura: proclamare di fronte a tutti, ciò che si bada a nascondere ai propri conoscenti». La frase di Rostand è stata messa in esergo da Sebastiano Grasso, che di poesia d'amore ben s'intende, nel suo nuovo libro intitolato La linea rossa e lilla del tuo confine (ES, pp. 192, euro 20).Il canzoniere amoroso di Grasso ha una destinataria principale, ma non unica, in una Giuliana che compare in una bella fotografia del 1995 e in un'opera di Gio Pomodoro che la rispecchia. Giuliana è presentata come «la donna alla quale sono dedicate circa 350 poesie dei sei libri di Sebastiano Grasso». Opportunamente Evgenij Evtushenko, nella prefazione, osserva che il ritratto «variamente variegato e spirituale» che Grasso delinea nei suoi versi «a volte sembra essere la somma di tanti volti femminili, una dedica alla Donna con lettera maiuscola». Peraltro ciò non toglie concretezza, anche erotica, al dettato del poeta che padroneggia un endecasillabo, assai libero, di ascendenza cardarelliana, senza le ambizioni di classicità che talvolta irrigidivano il poeta di Tarquinia. Le immagini sono schiette fino al surrealismo, calibrate e stupefatte: «Seguendo un rituale, l'alba s'incipria di bianco / e cerca di non sbagliare le dosi, pronta a dare / una lezione solenne a chi lento s'inerpica / per i sentieri della pietà». Concordo con Otto von Krauss che, presentando la traduzione in polacco di un'antologia di Grasso, ha scritto: «Per Grasso il surrealismo è parte integrante dell'invenzione, il cui scopo finale è quello di provocare un certo sbigottimento, stupore o un semplice sorriso».Ma si tratta pur sempre di letteratura, per cui le parole non possono fare a meno dei segni d'interpunzione: «Inseguiti / dal Barbarossa e da un esercito di virgole / di punti, di punti e virgole e di francobolli / commemorativi, non vedevamo l'ora di tornare a Milano».Milano, dove Grasso dal 1971 lavora come critico d'arte e di letteratura al “Corriere della sera”, è un punto fermo in uno scenario pacatamente mobile: Sondrio, i monti della Valtellina, il Lago di Como, un lungo viaggio in Russia e, a dare colore e calore, la Sicilia nativa del poeta, che è anche presidente del Pen Club Italia.Come previsto dall'impostazione della collana, il libro ha una ricca Appendice iconografica in cui Sebastiano Grasso appare tra amici ed estimatori: Ezra Pound, Pasolini, Moravia, Rafael Alberti, Bacchelli, Testori, Carlo Bo, Maria Corti, Maria José di Savoia, Josif Brodskij, Mario Vargas Llosa, José Saramago, alcuni dei quali hanno scritto prefazioni e testimonianze per i libri di Grasso. E c'è anche l'amatissimo cagnone Blake, un Labrador affettuoso. Adonis illustra il libro con dieci dimenticabili disegni, macchie d'inchiostro su fogli scritti in arabo.Per quanto mi riguarda, sono grato a Sebastiano Grasso dal 1981, quando pubblicò le lettere di Montale a Quasimodo, testo fondamentale per capire i due poeti, con un prologo di Maria Corti.