Venerdì sera Rai 2 ha proposto un «focus» su Roma con la messa in onda del film Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e, a seguire, del documentario Roma, santa e dannata sul quale non sono poche le riserve. Scritto da Roberto D’Agostino e Marco Giusti con produttore creativo Paolo Sorrentino e la regia di Daniele Ciprì, Roma, santa e dannata è un viaggio notturno condotto dai due autori attraverso le contraddizioni e le trasgressioni della città eterna, che qui ha molto del precario e del temporaneo, poco della santa e molto della dannata. In effetti D’Agostino e Giusti, più D’Agostino che Giusti, raccontano «una Roma facile da amare, impossibile e inutile da capire». Per farlo incontrano vari personaggi che hanno caratterizzato le notti romane, a partire da Vladimir Luxuria, che non lesina particolari su quello che a suo tempo, a metà degli anni Ottanta, avveniva in certi locali notturni, che si direbbe più attrezzati a bordelli che a night club. Uno dei più noti si chiamava “Degrado”, il che è tutto dire. Tra gli altri testimoni Sandra Milo, Giorgio Assumma, Vera Gemma, Carmelo di Ianni e Massimo Ceccherini, che approda a Roma nel decennio successivo a Luxuria, a metà degli anni Novanta, con «soldi tantini», come dice l’attore toscano. Sono quelli guadagnati con i film dell’amico Leonardo Pieraccioni e che Ceccherini, per sua stessa ammissione, si è «mangiato tutti» tra aperitivi, ristoranti, locali notturni, «polverine, bevande e donnine tutte molto allegre», strisciando carte di credito e firmando assegni come se non ci fosse un domani. A raccontare le notti con qualche cialtronata in meno e qualche aneddoto in più intervengono anche Carlo Verdone ed Enrico Vanzina, ma quasi nessuno degli intervistati risparmia volgarità. D’Agostino le trasforma pure in eloquio per narrare di una dolce vita romana che lascia l’amaro in bocca.
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