Nella personalità e nel carattere individuale già fra gli studiosi della società di massa novecentesca e più tardi della postmodernità, si sono osservate delle forti trasformazioni. Così forti da suggerire spesso l’uso del termine “mutazione” invece che trasformazione. Tutti ricordano che fra i primi a parlare, negli anni settanta, di “mutazione antropologica” ci fu in Italia Pasolini, che d’altra parte pensava anche all’uomo “unidimensionale” descritto da Herbert Marcuse. L’idea di mutazione implica una radicalità inquietante, perché arriva ad affermare che nell’identità umana e nei suoi tipi sociali si è prodotto un tale cambiamento da rendere quasi irriconoscibili gli individui che incontriamo. Non si tratta solo, oggi, dei gravi problemi di criminalità, dalle organizzazioni mafiose alle manifestazioni neonaziste, al femminicidio, al bullismo giovanile. Si tratta di tutti i comportamenti individuali e di gruppo, del modo in cui i singoli si socializzano. Già nella società di massa l’individuo era indebolito dal super potere e dall’estensione dell’ordine sociale che rende i singoli meno originali e meno liberi. Si tratta di quelle che il famoso sociologo polacco Zygmund Bauman ha definito realtà sociali e culturali non più solide ma “liquide”. Così è stato possibile arrivare a definire la postmodernità come “una non società senza individui”: nel senso che la società sembra (sembra soltanto) lasciare gli individui illimitatamente liberi, al punto di fondere società debole con individui deboli. I conformisti, allora, non si sentono più conformisti, ma più liberi essendolo invece meno. La società si impone con nuove forme di socialità asociale, quella per esempio che domina nei social media. Si sta cancellando la differenza, precedentemente descritta in sociologia, fra diversi tipi di personalità: quella del conformista, quella del ribelle e quella del creativo. Oggi creatività e ribellione sono una farsa pubblicitaria, cioè conformismo mascherato dal suo contrario. L’immagine, l’apparenza, il look sostituiscono la realtà. Si seguono conformisticamente le mode, che sono maschere preconfezionate per chi vuole sentirsi e sembrare libero o perfino ribelle e creativo. Gli individui ubbidiscono sia ai comportamenti di massa che di gruppo, essendo invece incapaci di giudicare e di scegliere in autonomia. Indico qui in conclusione due sintomi su cui riflettere: la crescente incapacità sia di stare soli che di dialogare. Un io fiacco e dipendente indebolisce anche la comunicazione con gli altri in quanto altri.
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