Mi sono soffermato a riflettere su un pensiero dello scrittore spagnolo Manuel Vilas che ho letto: «La famiglia credo che resti il motore della Storia... La famiglia è una specie di riserva indiana» dell'affetto. La famiglia, in effetti, non è soltanto un'invenzione culturale. Le spetta un ruolo e, di conseguenza, anche una dignità che è antecedente alla cultura stessa - poiché essa emerge come radice dell'esistenza. Tante volte ce ne accorgiamo solo molto tempo dopo, quando ritorniamo con il ricordo sul significato di quei vincoli vissuti in cui circola un amore incondizionato, quando misuriamo la dismisura della gratuità e impariamo così la grandezza del dono che la famiglia mette in atto. Per qualche ragione vitale, ognuno di noi ha bisogno di una famiglia.
La famiglia non è una cosa statica e preesistente, bensì un dinamismo. Non vive della nostalgia di una mappa idealizzata, ma è una chiamata oggettiva, una strada che si individua a mano a mano che la si percorre, un cantiere permanente, plastico, pieno di possibilità. Non può essere il pilota automatico a presiedere al destino di una famiglia: questa è un compito in cui la possibilità di essere felici viene messa in gioco, un'avventura che si scopre e riscopre in continuazione, che richiede un investimento totale delle nostre forze e anche di ciò che è al di là delle nostre forze ma che ci qualifica in una forma umana decisiva.