Cos’è a muoverci tutti quanti se non la sete d’Infinito? È il desiderio di essere amati e amare senza confini, senza limiti, di un amore puro e limpido, il vero motore dell’esistenza. È in questo orizzonte che visse san Rafael Arnaiz Barón, giovane spagnolo morto a 27 anni nel 1938. Nato a Burgos nel 1911, Rafael, amante della vita, era un ottimo studente e destinato a un futuro di successo. Ma a muoversi dentro di lui c’era il senso di una fede radicata e una spiritualità che alimentava con la preghiera, l’adorazione eucaristica, i gesti di penitenza. Fu grazie allo zio Leopoldo che trovò la propria strada: a 21 anni, dopo aver letto la biografia di un trappista fatta pubblicare proprio dal parente, Rafael decise di partecipare agli esercizi spirituali in una trappa. Ne nacque un percorso che all’inizio del 1934 lo portò a entrare nella trappa di San Isidro di Dueñas. Il primo a ricevere la notizia fu lo zio, ma anche il resto della famiglia, pur sperando in una vita diversa per il giovane, alla fine ne condivise la scelta. Affascinato e rapito dalla vita della trappa, riferiva alla famiglia la profonda gioia provocata da quello stile austero ed essenziale. Pochi mesi dopo però fu colpito dal diabete mellito che lo portò in breve tempo alla morte: aveva trascorso nella trappa appena 19 mesi e 12 giorni. È beato dal 1992 e santo dal 2009.
Altri santi. San Cleto (Anacleto), Papa (I sec.); beato Stanislaw Kubista, martire (1898-1940).
Letture. Romano. At 13,26-33; Sal 2; Gv 14,1-6.
Ambrosiano. At 11,1-18; Sal 66 (67); Gv 7,25-31.
Bizantino. At 10,44-11,10; Gv 8,21-30.
t.me/santoavvenire
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