La responsabilità di non chiudere gli occhi sul Sud
Di fronte ad un simile coacervo di convinzioni e di emozioni – alimentate dalla triste realtà economica di un'area che nei primi 15 anni del Duemila è cresciuta meno della metà della Grecia – le promesse economiche del M5s hanno fatto breccia con facilità. Dove non c'è lavoro è fisiologico cercare l'assistenza, dove non c'è più un sogno da condividere è umano accontentarsi di un bel film a occhi aperti. Tutto legittimo, tutto prevedibile (anche se non previsto). Ma non ci sarebbe nulla di peggio, in questo contesto psicologico, che scoprire che nulla di quanto promesso potrà essere realizzato o che – nonostante possano essere messe in campo azioni diverse per il suo rilancio – il Sud continuerà a essere trattato come il malato abbandonato a se stesso, perché le cure sarebbero troppo costose e troppo rischiose.
A quel punto il distacco tra politica e cittadini diventerebbe definitivo, probabilmente irrecuperabile. Anche perché il vittimismo nei confronti del Nord ricco e potente, alimentato negli ultimi anni da un filone letterario di successo che ha il suo alfiere in Pino Aprile, si trasformerebbe in un definitivo rifiuto dell'unità e dell'identità nazionale, l'unica che può (ancora) far risorgere il Mezzogiorno. E perché tutto questo creerebbe nuove praterie per la criminalità organizzata, che aspira storicamente a diventare il sistema di riferimento dell'organizzazione sociale quando lo Stato abdica al suo ruolo.
Come ha saggiamente ricordato il Presidente della Repubblica, dopo lo tsunami politico del voto è scoccata l'«ora della responsabilità». Questo monito, valido per il Paese intero, ha un significato "vitale" per il Sud. Dove la politica non può più permettersi di chiudere gli occhi.
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