La resilienza dei cittadini nella disillusione Capitale
A bruciare di più, come segnala ormai ogni sondaggio, è la delusione in atto nell'ultimo anno: al di là della lunga sequenza di passi falsi nella formazione della squadra di governo, Virginia Raggi non ha portato a casa alcun risultato significativo sul fronte della qualità della vita cittadina e del funzionamento dei servizi pubblici locali. Al contrario, inerzia e incompetenza sembrano aver fatto precipitare gli eventi: l'Atac appare sull'orlo del fallimento e sta drasticamente tagliando mezzi e frequenza delle corse (a personale inalterato, naturalmente), l'Ama continua a regalarci una delle città più sporche d'Italia e al tempo stesso tariffe-record, grazie a modelli organizzativi ottocenteschi e a contratti di lavoro che contengono incredibili tutele dei suoi lavoratori e non contengono alcun riferimento a performance da garantire e qualità dei servizi resi ai cittadini, i Municipi continuano a non avere fondi adeguati per ripianare anche solo le buche delle strade. E più in generale, la città storica più affascinante e ricca di bellezze del mondo appare vittima di una forma spontanea di anarchia, in cui il senso dell'esistenza di una collettività organizzata è interamente delegato alla buona volontà dei singoli cittadini.
In questa cronica situazione di non-governo, Roma può essere considerata oggi un modello di "resilienza urbana". La gran parte delle forme di gestione della città che esistono, resistono o nascono da zero derivano dall'iniziativa di privati che gestendo in modo efficiente le proprie attività d'impresa perseguono anche l'interesse collettivo (come nel caso del rilancio dell'aeroporto di Fiumicino), o che decidono di auto-organizzarsi in "isole civiche" per ricostruire servizi pubblici ovviando al fallimento di Roma Capitale. Se non succede ciò che ora pare un'impensabile svolta di buon governo, resta una sola speranza: quella che, almeno per probabilità statistica, la prossima volta ai cittadini tocchi in sorte un'amministrazione di Roma Capitale degna (almeno) dell'etimologia del ruolo.
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