Quali segni la realtà sta emettendo, e che noi non vediamo? Nel febbraio 1975, sulle pagine del "Corriere della Sera" Pier Paolo Pasolini firmava uno dei suoi testi politici più contundenti, cui dava un titolo sconcertante: «L'articolo delle lucciole». Questa la sua tesi: ciò che meglio chiarisce come, nel labirinto della partitocrazia, noi ci troviamo ancora alle prese con una forma persistente di fascismo è il fatto, apparentemente di altra natura e senza un collegamento plausibile, dell'estinzione delle lucciole nelle aree contadine rimaste nel territorio italiano. Nei primi anni Sessanta, l'inquinamento provocato dal boom industriale s'impose violentemente al paesaggio: scomparirono «gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti», i canali per l'antica irrigazione furono trasformati in fogne, la qualità dell'aria si ridusse drasticamente. Ma, come sempre, l'ideologia del progresso diventò un tampone per impedire un esame più approfondito del pensiero. Gli intellettuali, sicuramente ben nutriti di sociologia e di metodologia, insistettero in un approccio distante dalla realtà. Nessuno di loro si rese conto che una chiave di comprensione fondamentale per il malessere politico, culturale e della società che affliggeva il Paese era la scomparsa delle lucciole. E oggi?