La prima, vera «dieta mediterranea»? È il piacere di mangiare insieme
Oggi apprendiamo che quel termine è un fattore qualificante della Dieta Mediterranea, a leggere i dati dello studio del MedEatResearch dell'Università di Napoli. La ricerca ha monitorato gli usi e costumi di una fascia del Cilento dove pare che i centenari siano superiori alla media del Paese. Del resto anche gli scienziati americani Ancel e Margaret Keys, quando vennero da queste parti negli Anni Cinquanta, furono colpiti dall'unicità della zona tanto da coniare il termine di Dieta Mediterranea.
Ma la cosa che più colpì i due americani fu proprio l'aspetto di condivisione, che riguardava soprattutto fasce non certo benestanti. Da un lato l'edonismo, dall'altro l'essenziale che si coglie con la scansione del calendario: due modi differenti di concepire il benessere. Quindi frutta e verdura di stagione al primo posto, poi pesce, perché la zona del Cilento ne ha in abbondanza, e un consumo moderato di carne, dolci e vino. Da collante l'olio extravergine di oliva, ingiustamente messo nei semafori col colore rosso. E poi l'attività fisica, che nei borghi del Belpaese è una condizione naturale, a differenza della grande città dove la mobilità spesso avviene in auto anche per la più piccola commissione.
Ma oggi torna ad essere attuale ciò che avviene dentro a una comunità, insieme, quasi che ci sia correlazione fra obesità e solitudine. L'atto alimentare ha implicazioni
psicologiche. Ed è vero come non mai che la solitudine, soprattutto degli anziani d'oggi, può portare a una trasandatezza alimentare che cancella la luce del piacere. Ma attenzione: il piacere non è l'abuso con la reiterata rincorsa a tutto ciò che mi posso permettere, ma si coglie sempre dentro a un ordine dettato dalla natura stessa.
Anche la dieta che tutti in qualche modo cercano di applicare, molto spesso per motivi estetici alla vigilia delle vacanze, non può funzionare se non si è insieme, se non si risponde a un altro che indica un metodo. Per questo la tavola ha una funzione culturale importantissima. La cronaca di questi giorni dice che anche la pausa pranzo sta riscoprendo il piacere della convivialità. Tutti indicatori che fanno emergere valori italiani, ma che poi non si traducono in raccomandazioni generali, come se turismo e alimentazione in Italia non fossero la stessa faccia di un'esperienza positiva. È come un "già saputo", un'ovvietà, che da noi provoca alzate di spalle, mentre il mondo la guarda con serio interesse.