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La preghiera naturale di chi «non crede»

Salvatore Mazza sabato 19 dicembre 2020
Chi prega sa che Dio l'ascolta. O dovrebbe saperlo. Il problema, casomai, può sorgere quando non credi in Dio ma preghi lo stesso. Ma, se non credi, allora chi preghi? Può sembrare un paradosso, ma è proprio così. Del resto è quello che Francesco ci ha ricordato qualche giorno fa: «Si può anche non arrivare a credere in Dio, ma è difficile non credere nella preghiera» poiché «essa semplicemente esiste». Cosa vuole dire? Non è una contraddizione in termini? Francesco parlava della cosiddetta «preghiera di domanda», con la quale ci rivolgiamo a Dio per chiedergli qualcosa perché «tutti sperimentiamo, in un momento o nell'altro della nostra esistenza, il tempo della malinconia, della solitudine», e nelle situazioni «apparentemente senza sbocchi c'è un'unica via di uscita: il grido, la preghiera: "Signore, aiutami!"». E «Dio risponde sempre: oggi, domani, ma sempre risponde, in un modo o nell'altro sempre risponde». Dio risponde sempre, siamo noi che talvolta – o spesso – ci dimentichiamo di lui. Per distrazione, per superbia, perché impegnati in cose che ci sembrano più importanti, presi da noi stessi finiamo per allontanarci da lui. Finiamo perfino per non credere più che esista. Fino a quando non succede che la preghiera non ci esploda dentro, non sgorghi quasi senza che ce ne rendiamo conto, spinta dalla nostra angoscia, diventando una invocazione: «Signore, aiutami!». Questo tipo di preghiera, questo nostro domandare a Dio, «va di pari passo con l'accettazione del nostro limite e della nostra creaturalità. Si può anche non arrivare a credere in Dio, ma è difficile non credere nella preghiera: essa semplicemente esiste, si presenta a noi come un grido; e tutti quanti abbiamo a che fare con questa voce interiore che può magari tacere per lungo tempo, ma un giorno si sveglia e grida. E sappiamo che Dio risponderà. Non c'è orante nel Libro dei Salmi che alzi il suo lamento e resti inascoltato. Dio risponde sempre, oggi domani ma sempre risponde, in un modo o nell'altro sempre risponde. La Bibbia lo ripete infinite volte: Dio ascolta il grido di chi lo invoca. Anche le nostre domande balbettate, anche quelle rimaste nel fondo del cuore, che abbiamo anche vergogna di esprimere, il padre le ascolta e vuole donarci lo Spirito Santo che anima ogni preghiera e trasforma ogni cosa». Così «se uno si sente male perché ha fatto cose brutte, è peccatore e prega, si sta avvicinando al Signore... A volte noi possiamo credere di non aver bisogno di nulla, di bastare a noi stessi e di vivere nell'autosufficienza più completa. Ma prima o poi questa illusione svanisce. L'essere umano è un'invocazione, che a volte diventa grido, spesso trattenuto... La Bibbia non si vergogna di mostrare la condizione umana segnata dalla malattia, dalle ingiustizie, dal tradimento degli amici, o dalla minaccia dei nemici. A volte sembra che tutto crolli, che la vita vissuta finora sia stata vana». È qui, in questo momento che la preghiera ci esplode dentro. E «non dobbiamo scandalizzarci, non avere vergogna, e soprattutto quando siamo nella necessità credere... Tanti di noi abbiamo questo sentimento, abbiamo vergogna di chiedere un aiuto, di chiedere qualche cosa a qualcuno per arrivare a quello scopo, e anche vergogna di chiedere a Dio... ma non avere vergogna di pregare, "Signore sono in questa difficoltà", il grido del cuore verso Dio che è Padre... e anche farlo nei momenti felici, non solo nei momenti brutti: ringraziare Dio per ogni cosa che ci è data, e non ritenere nulla come scontato o dovuto: tutto è grazia. Tuttavia, non soffochiamo la supplica che sorge in noi spontanea». Perché anche chi non crede in Dio crede nella preghiera. E sa che sarà ascoltato. È il paradosso della preghiera cristiana.