La pornografia maschera un oceano di solitudini
Ma la rete, divenuta sempre più potente, ha aumentato anche le sue insidie, prima tra tutte il rischio sotto traccia che riguarda il consumo di pornografia. Parlare di pornografia non è semplice, perché l‘idea oggi più diffusa è che si tratti in fondo solo di un gioco, da lasciare alla scelta libera di ognuno; si pensa che un po' di pornografia non possa fare del male ad un adulto sano e consenziente e che il materiale pornografico possa anche essere uno strumento utile per ravvivare il desiderio e la fantasia nella sessualità della coppia. Eppure, la pornografia è pericolosa: lo è più che mai per i bambini e i preadolescenti, ma lo è anche per l'adolescente e per l'adulto, e la sua diffusione così capillare, l'incredibile dimensione del fenomeno, la sua “normalizzazione”, richiedono l'urgente sviluppo di un pensiero articolato. Non è questo lo spazio per affrontare il tema nella sua complessità, ma penso che si possano almeno condividere alcune considerazioni, utili come punto di partenza. La prima è questa: non si può comprendere la diffusione del fenomeno se non si considera che la nostra cultura ha modificato completamente il proprio paradigma di riferimento intorno al tema del corpo e del sesso, e che, contro ogni apparenza, siamo immersi in un mondo che non ama né il corpo né il sesso e che teme profondamente ogni idea di intimità. Il corpo ha sempre rappresentato nell'esperienza di ciascuno la base prima e concreta del concetto di identità; il corpo che abbiamo ricevuto è qualcosa che insieme ci vincola e ci manifesta: ci pone dei limiti, ci caratterizza, mostra all'esterno la parte visibile di ciò che siamo. Non dice tutto di noi, ma è la forma attraverso la quale gli altri ci conoscono e con cui prendono contatto: noi “siamo” perciò anche il nostro corpo.
Chi ha raggiunto un buon equilibrio identitario vive in accordo col suo corpo, per quanto imperfetto; quando questo accade, la persona è “bella”, non perché rispetti particolari canoni estetici, ma perché in lei ci sono armonia e autenticità. Oggi, però, da fulcro e base dell'identità il corpo si è trasformato in un oggetto di proprietà insindacabile; un oggetto di cui possiamo fare ciò che vogliamo. Ci sentiamo autorizzati ad usarlo, manipolarlo, servircene come meglio crediamo per i più diversi scopi: ricevere attenzione, esercitare un potere, provare piacere. Proprio perché strumento e oggetto di possesso lo pretendiamo perfetto: i limiti innegabili del corpo reale sono diventati fonte di disagio, perché vorremmo un corpo ideale, sempre prestante e seducente; soprattutto un corpo asettico, inodore, non imbarazzante.
E che dire del sesso? Anche il sesso reale è imbarazzante: l'incontro reale tra corpi reali implica infatti accettare anche imperfezioni e limiti. Il sesso reale e il corpo reale sono decisamente lontani dalle nostre idealizzazioni: ci inchiodano al limite. Proprio per questo, per manifestarci liberamente all'altro abbiamo bisogno di un contesto di fiducia e di intimità protettiva, che tuteli la nostra vulnerabilità.
La rimozione dei legami tra corpo, sesso e identità è il terreno perfetto per lo sviluppo di una sessualità svincolata dalla relazione: la relazione infatti è frutto del contatto tra due identità. Se il corpo non esprime un'identità ma solo una forma, lo scambio con un altro corpo, divenuto a sua volta oggetto, non fa nascere nessuna relazione: per quanto eccitante e piacevole possa essere, è uno scambio che lascia profondamente soli.
È in questo contesto culturale che la pornografia trova spazio: ricerca di stimoli sempre più eccitanti, per mascherare solitudini sempre più profonde.