Nelle note interne al libretto che accompagna il suo nuovo disco, l'organista Jean-Christophe Revel si interroga sul senso profondo del concetto di "contemporaneità": che cosa avvicina la realtà di individui e artisti vissuti in secoli lontani ai sentimenti, agli affetti, alle esperienze e alle manifestazioni che caratterizzano l'esistenza di noi uomini ormai del Terzo Millennio? La prima risposta è già simbolicamente contenuta nel titolo dell'album - Passions - e nell'immagine che campeggia in copertina: un antico bassorilievo che raffigura il volto di Cristo morente e i simboli della sua Passione (cd pubblicato da Aeon e distribuito da Ducale).
Convinto che l'organo sia «un deposito per i suoni dimenticati di ogni uomo», il musicista francese mira a ricostruire una dimensione rappresentativa del presente che attinga significato, autorevolezza e dignità dal passato, avvicinando le testimonianze della grande scuola organistica tardo-rinascimentale e barocca a quelle offerte dal panorama creativo odierno; affiancando, cioè, le Toccate e le Canzoni di Claudio Merulo (1533-1604), le Fantasie e i Carillon di Louis Couperin (1626-1661) o la solenne versione per tastiera dell'Inno Pange Lingua approntata da Nicolas de Grigny (1672-1703) ai lavori più recenti delle giovani leve di compositori transalpini. Come i Six pieces pour orgue di Brice Pauset o il brano Aussi' di Bruno Mantovani, ma soprattutto come le opere di Régis Campo, autore di un'ironica Sonnerie e di uno straniante Capriccio, in cui non è difficile scorgere l'omaggio alla raffinata scrittura contrappuntistica delle Trio Sonate bachiane; come il pezzo Vega di Edith Canat de Chizy, immerso nelle mistiche atmosfere riconducibili alla tradizione dei Lamenti seicenteschi; o come i tormentati Etudes pour orgue baroque di Gérard Passon, attraversati da sonorità rarefatte e suggestivi giochi in eco.
A far da ponte tra questa molteplicità di istanze stilistiche e formali, artistiche e spirituali, troneggia l'organo "Jean de Joyeuse" della Cattedrale di Santa Maria ad Auch, costruito sul finire del XVIII secolo e dotato di ben 3060 canne; strumento grandioso che, sotto il sapiente tocco di Jean-Christophe Revel, diventa una vera e propria "orchestra dell'anima".