«Penso a quella che sarebbe stata la mia vita senza di lui. No, non ci riesco. Possiamo immaginare tante vite, ma non rinunciare alla nostra». Il narratore in prima persona si chiama Giuseppe Pontiggia, Peppo per gli amici, uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, prematuramente scomparso. «Lui», la persona sulla cui presenza il narratore si interroga, è il figlio Andrea, a cui è ispirato il romanzo Nati due volte. Ma, come ho già scritto, ciò che distingue subito il grande scrittore dagli altri è l'universalità delle sue parole. Che valgono subito, e perennemente, anche per chi non ha mai letto e mai leggerà il libro in cui sono contenute. È possibile, spesso accade, chiudere gli occhi, come il protagonista narratore, immaginare una nostra vita senza qualcuno che abbiamo accanto. È possibile nei momenti felici. È altrettanto possibile, più drammaticamente necessitato, forse, chiudere gli occhi e pensare a un'altra nostra vita quando quella che stiamo vivendo è segnata dal dolore. Ma esiste un vincolo alla vita, un legame con tutto ciò e tutti coloro con cui essa è in relazione. No, insegna Pontiggia, noi possiamo immaginare tante vite, ma vogliamo la nostra, anche qui, ora, nella sofferenza. Combattuta, vinta dalla necessità dell'altro e dalla potenza del legame d'amore.