Mi è capitato di leggere sull'Espresso del 4 ottobre un bilancio della discussione decennale sulle tesi che Nicholas Carr espose nel suo libro del 2010 Internet ci rende stupidi? (Raffaello Cortina editore). Più sobriamente Carr nel titolo originale si chiedeva «what the internet is doing to our brains». Lessi subito quel libro perché mi chiedevo anche io da molti anni che cosa stava facendo internet ai nostri cervelli. Il termine “cervello” è quello che gli scienziati preferiscono, ma nel cervello c'è la mente, la mente è strettamente connessa alla psiche, parola greca per dire “anima”, che in chi vive è legata al corpo. È comodo per gli specialisti tenere distinti questi livelli e oggetti di studio, a condizione però che non si dimentichi la loro comunicazione funzionale: un dolore fisico emoziona la psiche e condiziona la mente, anche se non ne annulla la relativa indipendenza reciproca. L'autocontrollo volontario compie l'itinerario opposto: la mente può consapevolmente influenzare la psiche e il corpo. Questo elementare ragionamento solo per ampliare un'area problematica che di solito viene ristretta “scientificamente” al cervello inteso come una macchina neurologico–cognitiva per compiere calcoli, analoga quindi alle macchine informatiche (computer non a caso vuol dire calcolatore). Il resoconto delle varie opinioni contrarie al libro di Carr mostra che non si è fatta molta strada: l'arma più affilata di chi nega che internet ci rende stupidi è che ogni stupidità è relativa e se internet ci toglie qualcosa, noi di quel qualcosa possiamo fare a meno, perché è compensato da vantaggi più attuali. A questo punto si tratta non di cervello ma di cultura, cioè di idea della vita. Ogni società, epoca storica e modo di vivere produce una cultura e un tipo di intelligenza. Oggi si parla con soddisfazione di “intelligenza artificiale” e di delegare vantaggiosamente alle macchine una quantità crescente di funzioni mentali: percezione, attenzione, memoria, calcolo valutativo, immaginazione, giudizio e decisione. Non è troppo? Le macchine intelligenti che costruiamo non fanno che perfezionare, potenziare e moltiplicare il tipo di intelligenza che le crea. Si scambia l'efficienza mentale e il suo veloce automatismo per intelligenza. Ma quanta e quale realtà è compresa o esclusa da questo tipo di intelligenza? Oggi anche l'intelligenza scientifica specializzata somiglia sempre di più a quella artificiale. A produrre macchine intelligenti è un'intelligenza già in gran parte ridotta alle funzioni di una macchina.