La mia vita un lockdown senza fine
Qualcuno potrebbe dire: ma a te...? In effetti, essendo io costretto a una sorta di lockdown forzato e permanente a causa della Sla, la cosa potrebbe interessarmi poco. Se non fosse che intanto mi preoccupo per la moglie e le figlie, e poi perché con la girandola di tredici persone che ogni settimana – visitatori esclusi – entrano in casa per l'assistenza (infermiere, operatori sanitari, fisioterapisti...) qualche motivo per cercare di capire cosa succederà con la pandemia ce l'ho, eccome.
Mi dovessi beccare il Covid, per me sarebbero guai molto grossi. Molto probabilmente fatali. La mia vita è, alla lettera, appesa al filo della responsabilità altrui. Un'altra fisioterapista che da cinque mesi – da agosto – veniva due volte a settimana, a un certo punto è sparita all'improvviso. Pochi giorni prima di Natale abbiamo saputo che la cooperativa che eroga i servizi di assistenza l'aveva allontanata perché non era vaccinata, e non voleva neppure fare i tamponi.
Non so se sia giusto lasciare senza lavoro le persone che non si vogliono vaccinare. O meglio, una mia opinione ce l'ho, ma non è questo il posto per parlarne. Quel che so per certo, e che vedo, sono i salti mortali, e i sacrifici, che fanno mia moglie Cri e Giulia e Camilla, le nostre figlie (che, dovendo lavorare, si massacrano di tamponi, pagandoli di tasca propria) per cercare di tutelarmi il più possibile, o per quanto è possibile. Sono totalmente esposto e indifeso, loro lo sanno bene. Camilla il 2 gennaio era andata a cena fuori con alcuni amici; il giorno dopo ha saputo che uno di loro era positivo al Covid, ed è scappata letteralmente di casa, per andare a fare la quarantena in un posto più sicuro. Più sicuro per noi, madre e padre. Ricomparendo solo dopo una settimana, all'esito negativo del molecolare. Capite ora perché mi interessa sapere che succederà col Covid?
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