La maratona
Il giorno dopo il funerale, senza un perché, ho preso un treno e sono andata a Roma. Sapete come, ad aprile, sia maledettamente bella. Dopo lo schiaffo della morte, cercavo una terapia d'urto. Avevo bisogno, subito, di bellezza.
A Termini al tassista la mia voce ha detto, sicura: “All'Acquapaola”: quella sbalorditiva fontana al Gianicolo, da cui vedi tutta la città.
Non c'era nessuno. Mi sono seduta sul bordo a godermi la limpidezza dell'acqua e lo scrosciare dei getti, come una canzone. E mi è venuta in mente una foto di mio fratello a tre anni, bambino paffuto che si dissetava al getto di una fontanella, in un parco; e dalla foto si percepiva perfettamente il caldo di quel giorno, e la sua sete, e quanto buona era l'acqua.
Sono scesa a piedi a Trastevere, poi sono risalita verso San Pietro. Andavo, andavo, veloce, come affamata. Borgo Pio, piazza del Popolo, Trinità dei Monti - Roma d'aprile esplodeva di bellezza. E qua e là nei vicoli le fontanelle, con il loro canto. (Lo scorrere dell'acqua non finisce mai. Va verso il mare e lo colma, e ne ritorna. L'acqua, come la vita in Dio, è infinita).
Venti chilometri a piedi quel giorno, una maratona. Ma, sfinita, sul treno per Milano mi sono addormentata: un po' più in pace.