Èuna Pasqua strana questa. Ci sentiamo come Pietro e gli altri, sul lago di Tiberiade. Sappiamo che una luce è sfolgorata nella tomba, che il sepolcro è vuoto, che Cristo è vivo, ma siamo ugualmente pieni di paura. Già tornare alle occupazioni di sempre, tornare a pescare, come per gli apostoli, è un atto di coraggio e di speranza insieme. Mi par di vedere Pietro in quei siriani che entrano di nuovo nell'antica Palmira e che, nel dolore della tragedia, vogliono ricostruire.Ci sentiamo anche noi sul lago in tempesta, senza aver preso nulla. La lotta contro il terrorismo è impari e sembra non finire mai. Una litania interminabile di immagini: la fuga della folla di Bruxelles; le famigliole dilaniate dall'esplosivo del kamikaze in Pakistan; le urla contro Asia Bibi; i governi sacrileghi che continuano indisturbati a produrre profughi sui barconi. Un massacro senza precedenti. E sulla barca di Pietro? Il mugghiare dei venti della divisione, lo sconvolgimento della tempesta! Eppure noi, a differenza dei primi discepoli, provvidenzialmente, abbiamo due Pietro a bordo: uno sotto coperta, in preghiera, l'altro a poppa col timone in mano. Forse Cristo lo aveva previsto, ne avevamo bisogno. "Mano di Dio", olio su tela dell'artista coreano Youngsung Kim (collezione privata)E come quel mattino sul lago, Cristo ci viene incontro camminando sulle acque; ci viene incontro nel Giubileo della misericordia, nei missionari della misericordia inviati dal Papa. Saremo in grado di riconoscerlo? Davanti agli occhi di Pietro, nel momento in cui Giovanni gli disse: è il Signore, saranno passati infiniti fotogrammi, brandelli di vita con Gesù. In quel momento, come Adamo si accorse di essere nudo e si gettò in mare. Uno di questi fotogrammi lo rivedo nell'opera dell'artista coreano contemporaneo, Youngsung Kim, dal titolo La mano di Dio. Qui Pietro è ancora su quel mar di Galilea, ha tentato di raggiungere il Maestro camminando sulle acque, ha sfidato la tempesta, ma poi ha dubitato ed è sprofondato in mare. Ed ora eccolo lì nel profondo di quel mare arrabbiato, mentre cerca disperatamente di risalire. Gli occhi, annebbiati dall'acqua, vedono due piedi galleggiare e una mano sbucare dagli abissi e dirigersi verso di lui. È la mano di Dio. Sì, anche noi abbiamo bisogno di una mano! Abbiamo bisogno della mano di Dio che penetri nei gorghi di morte e di timore in cui ci troviamo e ci sollevi. E questa mano c'è già. Esiste nelle mille risorse del cuore umano, nel lavoro assiduo di chi sventa gli attentati, nella preghiera delle migliaia di monache e di monaci che intercedono per questo mondo impazzito, nelle sofferenze offerte dei perseguitati di oggi, nella sofferenza innocente dei bambini. La mano di Dio si fa largo anche nel mare delle nostre lacrime e ci raggiunge. Dietro a quel velo azzurrino ci sorride. Quella mano e quel sorriso sono la vera Pasqua. Come Pietro dobbiamo solo crederci e tendere la nostra mano per lasciarci afferrare.