Ho preso uno schiaffo così forte che questo Sintomo di felicità lo scrivo dettando al computer. È la prima volta che mi succede. La mia mano sinistra è andata fuori copertura rete come un cellulare quando si trova in mezzo al bosco, solo e sudato, senza nemmeno una tacca di connessione. Lo schiaffo è arrivato una mattina di maggio, quando avevo progetti da sviluppare, persone da incontrare, viaggi da programmare. Imprevisti e gioie. Ho preso uno schiaffo perché ho sbagliato: mi sono dimenticato, pur vivendoci accanto da 16 anni, che la Sclerosi multipla anche se dorme non muore. E così in un attimo mi sono ritrovato a usare una mano sola. Dal firmare una ricevuta all'abbottonarsi i pantaloni, c'è voluto un attimo per capire quante cose diamo per scontate ogni giorno. In questi giorni, esattamente 10 anni fa, scrivevo il libro che mi avrebbe raccontato e accompagnato in giro per il mondo. L'ho riaperto raramente, eppure in questo momento il racconto del Marco di 10 anni fa mi aiuta. Non siamo gli stessi di ieri e nemmeno quelli che saremo domani, figuriamoci immaginarsi il dialogo tra la stessa persona di 10 anni fa con quella di oggi, su un tema del genere, sulla vita che è passata, sulle esperienze vissute, sugli incontri fatti. Ho preso uno schiaffo e ho perso l'equilibrio, scivolando su quel filo sospeso che percorro come un funambolo, restando appeso a dondolare, guardando dentro le mie paure. Perché quelle ci sono, sempre. Anche quando tutto va bene, anche quando racconto la mia storia provando a far sì che nessuno si senta solo. E sulla mia storia ho riaperto gli occhi, lasciandomi lentamente alle spalle la tristezza, con la voglia di tornare a camminare su quel filo, verso tutto ciò che di bello ancora deve arrivare. Ammaccato ma battagliero. Disse Nelson Mandela: «Non giudicatemi per i miei successi ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi». Soffrire, amare, vincere, perdere, ridere, fuggire, sognare, cadere. Rialzarsi e ricominciare. In una parola? Vivere.