Anche in piena Milano, in quella piccolissima Venezia dei due Navigli, si trovano locande a buon prezzo. Certo, il campo di bocce è scomparso per far posto ai tavolini all'aperto. Sembra uno sguardo preso da El nost Milan di Carlo Bertolazzi o dal Milanin Milanon di Emilio De Marchi. Mentre prendo, seduto all'interno, un boccone alla buona, mi scappa l'occhio su una fotografia appesa lì di fianco. Vi è ritratto, nel pieno esercizio delle sue funzioni, il ciclista Malabrocca. Una celebrità al contrario, ai tempi della mia adolescenza. Oggi, al giro d'Italia è rimasta, ovviamente, la maglia rosa per il primo in classifica ma allora era prevista anche quella nera per l'ultimo. Lo riconoscevo nel gruppo che sfrecciava con il caratteristico zzz delle biciclette, quasi zanzare metalliche, lungo la Via Emilia. La penitenza per Malabrocca, il cui nome sembrava uno spietato destino, era il calore che il nero accumula dal sole estivo. Ciò a parte, come dimostra questa fotografia, lui è fra i pochi ricordati. La maglia nera, guai a perderla, riscuoteva ogni tappa un premio di consolazione. Un giorno un prosciutto, un altro una latta d'olio, un altro ancora una damigiana di vino. Malabrocca metteva insieme gli alimenti sufficienti alla sua famiglia per tutto l'anno. E così l'ultimo fu quasi primo.