C'è un prodigio che accade di continuo su cui val pena di soffermarsi, prodigio di cui tu o lettore fai ancora una volta l'esperienza proprio in quest'istante e che, nella sua stessa banalità, è più stupefacente di qualsiasi magia. Infatti, proprio in quest'istante stai guardando un foglio di carta, nient'altro che carta attraversata da piccole linee di inchiostro, e questa carta ti parla, questa carta si rivolge al tuo spirito. E tuttavia essa non è stregata. Non si tratta neanche di una prodezza della tecnologia. Anche un povero piccolo biglietto sul quale qualcuno che ti è caro avesse scritto semplicemente «Ti amo», farebbe accadere la meraviglia più fortemente che con la stregoneria o la tecnoscienza, perché i mezzi poveri con cui opera manifestano ancor di più il divario tra il materiale inerte e l'azione spirituale. Che un uomo volga il suo sguardo verso un schermo dove si muovono figure cangianti e sonore, questo si capisce; ma che offra il suo viso a una pagina immobile ed annerita, è un mistero, un mistero e una banalità che sono quelli della scrittura che fa sentire il mio pensiero, ascoltare la mia parola, anche se io non ci sono e non mi nascondo dietro a questo foglio, anche se forse sono morto da molto tempo (nel qual caso sarei diventato un “classico”). Questo genere di fenomeni allo stesso tempo ordinari e straordinari è in rapporto con la categoria di oggetti che Tommaso d'Aquino chiama “strumenti”. Lo strumento produce effetti che superano la sua stessa natura (e sono dunque in qualche modo “soprannaturali”) perché subisce l'azione di una natura più alta della sua: «La causa strumentale agisce in forza non della sua forma, ma della mozione che gli è impressa dall'agente principale. Per cui l'effetto non assomiglia allo strumento, ma all'agente principale: come un letto non ha somiglianza con l'accetta, ma con l'arte che è nella mente dell'artefice». Certo si può percepire la lama dell'accetta o della sega, e dunque la loro forma propria, nelle linee e negli angoli del letto, ma la forma del letto, l'idea di fare un letto non è venuta dall'accetta che non ha bisogno di riposarsi come il falegname dopo un duro lavoro. Ugualmente la carta e l'inchiostro non si riducono qui a macchie o pallottole che si potrebbero tirare addosso a qualcuno. In quanto strumenti, queste cose senza intelligenza producono un'azione intellettuale, e possono parlare come Proust o Tommaso d'Aquino, e cioè meglio di noi o di molti dei nostri simili anche se dotati di parola. Ecco perché si può facilmente immergersi in un libro piuttosto che intavolare una conversazione col vicino. Di tutti gli strumenti i più significanti sono gli strumenti musicali. Si distinguono dagli strumenti artistici nel loro non essere attrezzi. L'attrezzo scompare nel suo utilizzo. In quanto strumento, è “essere-tramite-un-altro” – quello che lo maneggia – in quanto attrezzo è “essere-per-un-altro” – l'opera prodotta attraverso di esso. Meglio il suo utente lo usa, meno si accorge di esso: la penna non si manifesta se non quando l'inchiostro finisce. E, una volta finita l'opera, lo strumento è riposto nella sua scatola. Il pennello lascia posto al dipinto, lo scalpello alla scultura, perché la materia da essi formata resta al loro esterno. Ora, in un'orchestra le cose stanno diversamente. A immagine del Creatore, lo strumento musicale produce la materia che lavora, nell'istante stesso in cui la lavora. Se cessa la sua azione la materia sonora sparisce. Ma di questo altro mistero parleremo la prossima settimana.