La madre che cade
era formato in gioventù. La rievocazione del tragico episodio del 70 d.C., quando il Santo dei Santi venne devastato dall’esercito romano, è svolta con un’impetuosità visiva della quale si impadronirà più tardi il cinema. Detto altrimenti, l’opera di Hayez ha la magniloquenza di un kolossal e, come in ogni kolossal che si rispetti, sono le comparse a garantire la grandiosità della scena. Colpisce, in particolare, il piccolo gruppo di famiglia che precipita dal Muro del Tempio: l’uomo è sospinto per la gola da un legionario, il giovinetto piomba giù a capofitto, l’unica che prova a opporre resistenza alla forza di gravità è la madre, che tiene ancora in braccio il neonato e lascia che la figlia si aggrappi alle sue vesti, in un’ultima e impossibile richiesta di aiuto. D’istinto, la donna poggia la mano destra sulla parete, come se bastasse quello sforzo a fermare il tempo e a respingere nel nulla il male della guerra. © riproduzione riservata