Amezzanotte (di lunedì 13 novembre 2017) Ventura non c'era. Lo davano in fuga, come Cenerentola. Le scarpette non gli mancavano. Poi riapparve, quasi in segreto, sul satellite, perché Rai 1 era impegnata da Fabio Fazio. Avrebbero voluto vederlo tutti, i 15 milioni di telespettatori che grazie a lui la Rai ha conquistato: Italia-Svezia, si sa, non era più una partita ma una fiction degna del miglior Camilleri. A proposito: sparito anche il Commissario Tavecchio. Ma s'è visto, Ventura, quando sicuro di non essere in grande compagnia, ha chiesto scusa agli italiani. Dimissioni no, però. L'ho conosciuto bene, il vecchio Ct, un tipo - si dice a Roma - «gajardo». Come Alfredo Foni che nel '58 schierò contro l'Irlanda del Nord cinque punte (c'erano anche due campioni del mondo dell'Uruguay, in azzurro, Schiaffino e Ghiggia, quest'ultimo addirittura l'eroe che con il suo gol aveva distrutto il Brasile nel '50); anche Ventura ha “guardiolato” a Madrid, rompendo una tradizione difensiva utilitaristica e beccando una lezione coi fiocchi. Quella che ha mandato in depressione la truppa. L'ho conosciuto bene, Ventura, e non mi ha stupito la sua leggerezza nell'ora del dramma. Dicono i corridoisti che così com'era pronto a prendere l'imbeccata da Lippi abbia gradito i suggerimenti dello staff e dei senatori, dimenticando che questi dal 2006 avevano perso tutto, coinvolgendo nel disastro anche i giovani. Con un gesto plateale De Rossi ha rivelato l'inconsistenza del leader quando, sollecitato da un collaboratore di Ventura a spogliarsi per entrare in campo , ha rifiutato l'ordine chiedendo piuttosto di fare entrare Insigne: «Mica dovemo pareggià, dovemo vince!» Eloquio poco raffinato ma sincero. Oltre a metterci la faccia, e i piedi, Daniele, ci ha messo la testa, quasi da futuro allenatore, e al venturista occasionale ha detto anche chi doveva entrare, per tentare di vincere: Insigne. Il ragazzo di Frattamaggiore (quasi Ipanema) resterà il mistero di questo playoff, come - se vogliamo, altri nomi, altri valori - i sei minuti di Rivera a Mexico '70. Come il «niet» a Balotelli, si presume che siano scelte dei senatori, gli stessi - ricorderete - che dopo il fallimento brasiliano, seguito a quello sudafricano (piegati prima dalla Nuova Zelanda, poi dal Costarica) elessero capri espiatori i bad boys Balotelli & Cassano. Ecco perché quando lunedì sera li ho visti piangere non mi hanno intenerito. Forse perché fra infortuni e sconfitte non ho mai, sottolineo mai, visto piangere quel grande uomo e fuoriclasse che risponde al nome di Gigi Riva.