Uno degli studiosi più competenti, originali e moralmente utili di filosofie antiche, Pierre Hadot, ha dedicato due dei suoi libri più noti agli “esercizi spirituali” presso i Greci e i Romani (Einaudi) e al “ricordarsi di vivere” nella cultura moderna da Goethe a Nietzsche (Raffaello Cortina). Ci ricorda di vivere e ci mette in guardia contro lo spreco di tempo gran parte della tradizione filosofico-morale occidentale, nonché orientale.Testo cardine, in questo senso, è quello sulla Brevità della vita di Seneca, ora riproposto dalle edizioni La Vita Felice, a cura di Stefano Costa e con testo latino a fronte (pagine 104, euro 7,50). Nella sua introduzione il curatore precisa subito che l'ottica stoica di Seneca è del tutto diversa, nel tono e nello stile, da quella epicurea di Orazio, proverbialmente sintetizzata nel suo carpe diem, l'invito a cogliere il momento presente, ad afferrare l'oggi, che si legge nel carme 11 del suo primo libro. Seneca è estraneo «a ogni possibile interpretazione edonistica» del giusto impiego del tempo. Le sue pagine sono severamente satiriche e sferzanti nel condannare inerzia, noncuranza, lusso, volubilità, pigra ubbidienza alle abitudini diffuse, vizi, ambizioni e desideri inutili. Coloro che ne sono vittime «il destino li coglie snervati e sbadiglianti». Non è vero che la vita che ci è stata data sia breve, è che la sprechiamo. La vita sociale ci strappa a noi stessi, alla nostra verità, dissipa l'energia necessaria a prendere decisioni giuste e a non tradirle. Le menti umane sono annebbiate e incapaci di restare ferme in un proposito.Pensa, dice Seneca, a «quanti hanno saccheggiato la tua vita mentre tu non ti accorgevi di cosa stavi perdendo, quanto tempo ti ha portato via un inutile dolore, una sciocca gioia, un ingordo desiderio, una compagnia adulatoria, quanto poco ti è rimasto di tuo». Già, ma che cos'è il “tuo” per chi non lo sa? Che cosa è il vivere che ci viene rubato o che buttiamo via? «Il vivere – dice Seneca – bisogna impararlo tutta la vita e per tutta la vita (non lo crederai) bisogna imparare a morire».