Nel numero 58 di "Allegoria" (luglio-dicembre 2008, pp. 286, euro 19), dopo un dibattito su quel «ritorno della critica tematica» di cui già nel 1993 fece un primo bilancio Werner Sollors, si può leggere un saggio del critico canadese Northop Frye, «La critica come educazione» (1979). L'autore, nato nel 1912 e morto nel 1991, insegnò all'università di Toronto e pubblicò nel 1957 Anatomia della critica, libro che proponeva una sinossi dei diversi modi di leggere la letteratura occidentale. Ma il rapporto fra critica e insegnamento è sempre stato al centro degli interessi di Frye. Il problema viene enunciato così: «L'insegnamento della letteratura coinvolge questioni che sono peculiari della specifica condizione della nostra società. Vi furono ottime ragioni per la separazione tra Stato e Chiesa nella realtà americana ma, naturalmente, una delle inevitabili conseguenze è stato il crearsi di una sorta di vacuum religioso, all'interno del quale l'istruzione è diventata una specie di religione "denaturata". Questa situazione si è col tempo accentuata, man mano che tanto la Chiesa quanto le famiglie delegavano alla scuola sempre maggiori responsabilità». Insomma, se lo studio letterario dovrebbe migliorarci come persone, perché questo spesso non succede? Lo tesso interrogativo se lo è posto ripetutamente anche George Steiner: perché l'intera «alta cultura» europea non ha impedito le peggiori aberrazioni morali e politiche? La risposta, credo, è nel come leggiamo e nel perché studiamo (non solo i testi letterari ma anche quelli religiosi). Dice Frye: «Il fine dello studio letterario non è un atto di genuflessione nei confronti di un capolavoro, ma l'incorporamento nella mente dello studente della struttura articolata che la letteratura rappresenta». In altri termini, nessun capolavoro di per sé salverà mai nessuno. Perché qualcosa cambi e migliori nel lettore è necessaria una ri-creazione del testo grazie a una ripetuta e approfondita meditazione. Per leggere bene, cioè, non basta una tecnica, c'è bisogno di immaginazione e di fede.