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La lezione dei grandi scrittori del '900: diffidare delle idee già preconfezionate

Alfonso Berardinelli sabato 12 settembre 2009
Per chiunque si interessi di letteratura e per quanto smaliziato sia, credo che le interviste a scrittori famosi della Paris Review saranno irresistibili. Il primo volume che le raccoglie è stato tradotto da Fandango Libri e gli intervistati sono, tra gli altri, Dorothy Parker, Truman Capote, Ernest Hemingway, T. S. Eliot, Saul Bellow, Jorge Luis Borges, Kurt Vonnegut, Rebecca West, Elizabeth Bishop. Non sempre la qualità è alta. A volte il grande scrittore può essere al di sotto dell'idea che ne abbiamo o gioca a fare il semplice (è il caso di T. S. Eliot). Ma anche questo è interessante, perché qui non abbiamo a che fare con l'opera, incontriamo la persona dell'autore, il suo modo di parlare di sé, i suoi esibizionismi, reticenze e civetterie (Borges risulta il più sornione e vanitoso).
Leggere interviste fa compagnia. Con questo volume di cinquecento pagine, se non si è lettori troppo veloci, si possono passare tre buone serate senza neppure un minuto di televisione. Un'intervista, anche scritta, è già di per sé spettacolo, è un po' teatro. Si comincia a leggere e non si riesce a fermarsi. La prima cosa che si scopre o ci viene ricordata è che la letteratura è soprattutto un artigianato. È fatta di abitudini di lavoro. È una tecnica di rapporto con se stessi. Per quanto colto e intellettuale sia lo scrittore, in definitiva ci dice sempre che per scrivere bisogna diffidare delle idee che si hanno, delle idee già pronte e formate. Si tratta ogni volta di ritrovare il contatto con la propria voce, con una lingua realmente parlata e con la sua musica.
O con quel "suggeritore" e commentatore interiore che ci fa notare una cosa piuttosto che un'altra, ci orienta, ci indica qual è per noi il mondo reale e che cosa proviamo davvero di fronte a ciò che vediamo e ci succede (ne parla un narratore complesso come Saul Bellow). Insomma: la verità letteraria non è mai ereditata o prefabbricata. Bisogna trovarla e costruirla da sé. Quello letterario è davvero un mondo di individui.