«Le leggende servono a esprimere le cose belle del mondo; bisogna riscoprirle contemplando un'immagine straordinaria». Questa affermazione di Gaston Bachelard ha un valore assoluto, e contro la tendenza culturale prevalente nel Novecento, che, nella sua matrice illuministica - nonostante gli assalti generosi del Romanticismo, e le dighe di resistenza di religiosi e poeti - tende a negare il senso del sacro, del mito, e quindi anche della leggenda, in ordine di importanza e di urgenza. Il sacro è impellente, se lo rifiuti muori disidratato, o vegeti in una vita-in morte atona e opaca, il mito è meno urgente a livello di pronto soccorso, ma a lungo andare,dimenticandolo, ti devitaminizzi. E, senza il rapporto con la leggenda, l'uomo perde la capacità di stupore. Bachelard, uno dei pensatori che hanno contrastato, vittoriosamente, il nichilismo del Novecento, sottolinea in questa frase l'importanza della leggenda come qualcosa che prende forma e verità di fronte a una visione straordinaria. Da bambino, lungo il fiume del suo paese natio, vide il Martin Pescatore, brillare come un uccello di fuoco. Quella fu la sua Fenice, l'uccello mitico che s'infiamma, brucia e risorge dalle proprie ceneri: l'immortalità. Grazie a un piccolo uccello sul fiume, che prese senso destando all'improvviso un'antica leggenda.