Èuna strana estate per il turismo italiano. In assenza di americani, russi e cinesi, molti italiani si stanno "riappropriando" della bellezza dei luoghi di villeggiatura nostrani al mare e in montagna. Mancano dati certi ed un ente certificatore di settore a livello centrale: i numeri resi pubblici finora sono così contrastanti da non consentirci di comprendere in quale dimensione la scelta "patriottica" degli italiani possa lenire le ferite dell'annus horribilis dell'industria turistica. È molto probabile, però, che non si tratti di un fenomeno passeggero: entrambe le ragioni di fondo di questa scelta - la maggiore cautela sanitaria nell'era Covid, che disincentiva vacanze lontano da casa, ed il desiderio di adottare una sorta di "patriottismo" dei consumi e delle scelte economiche - hanno radici profonde e gittata ben più lunga di una sola stagione. Tutto ciò rende questa travagliata stagione turistica un "test" molto interessante per l'offerta del turismo italiano. Perché i clienti italiani sono in media - per i nostri albergatori - i più esigenti e i più difficili da fidelizzare: la loro presenza in massa nelle strutture ricettive nazionali, dunque, rappresenta una sfida complessa sul piano del rapporto qualità-prezzo. Non potendo agire sulla leva del prezzo, a causa dei costi medi di gestione superiori a quelli di molti concorrenti dell'Europa meridionale e dell'Africa mediterranea, l'unica vera prospettiva per il turismo italiano è un rafforzamento significativo della qualità dell'offerta. In concreto ciò comporta un bel salto gestionale per decine di migliaia di alberghi, villaggi, ristoranti e bar: più managerialità, più cultura del cliente, più servizi e meno improvvisazione familiare, meno provincialismo imprenditoriale, meno comportamenti da rentier. Non è una sfida facile, soprattutto per il sistema turistico di alcune Regioni dell'Italia meridionale. Ma si tratta di una "frontiera" da attraversare, in questa fase storica, per garantire la sopravvivenza di un comparto così importante per l'economia nazionale e per la reputazione dell'Italia nel mondo. O si fa la qualità, o si rischia di chiudere.
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