La frattura generazionale e la scossa possibile
Il Rapporto della Fondazione Visentini misura ogni anno il gap generazionale sulla base di 27 voci: dal lavoro alla ricchezza, dalla casa all'accesso alle pensioni, dall'educazione al credito. Ma c'è un indicatore che, più d'ogni altro, rende evidente la situazione: attualmente (dati 2014) il rapporto tra la ricchezza delle famiglie con capofamiglia under 35 e le altre famiglie è di 1 a 7, mentre nel 2030 di questo passo diventerebbe addirittura di 1 a 20. Se il rapporto attuale è già il peggiore in Europa (tranne la Grecia), e dimostra la marginalità economica e sociale di una generazione che si dibatte tra precarietà e bassi stipendi, quello del 2030 peggiorerebbe tragicamente a causa di un livello troppo alto di disoccupazione giovanile, dell'estrema difficoltà di accesso al credito, di un welfare poco efficiente.
Non possiamo permetterci in alcun modo che questo incubo generazionale diventi realtà, rendendo l'Italia (strutturalmente) un Paese in cui i giovani non hanno cittadinanza, né sul piano anagrafico né su quello economico. Ma a nulla servono risposte nominalistiche, come la creazione di un Ministero per le Politiche Giovanili et similia. Serve invece una vera “scossa” sul piano delle scelte di politica economica, a iniziare dalla prossima Legge di bilancio. Ogni euro in più a disposizione del bilancio pubblico per investimenti sul lavoro dovrà essere impegnato per incentivare fortemente le assunzioni di under 35, come non si stanca di chiedere la Confindustria di Enzo Boccia, e per aumentare il loro reddito disponibile. Non c'è altra strada per provare a sanare la frattura. E a rimediare al fallimento che ha accomunato, finora, l'intero ceto dirigente del Bel Paese.