Sappiamo che il Libro di Giobbe rappresenta un momento molto importante nella rivelazione biblica. Giobbe è l'icona dell'uomo esposto, in completa nudità. Documenta l'umana esperienza come luogo dell'interrogarsi più drammatico, ostinato e rovente. Giobbe è il credente contestatario che dice: “Le risposte religiose del mio tempo non mi servono. Quello che la teologia dice non è sufficiente. Io voglio parlare faccia a faccia. Voglio essere ascoltato e dibattere le mie ragioni con Dio”. Ciò che nel libro biblico è affascinante, è che Dio accetta il dialogo con Giobbe, un colloquio aperto, senza canovaccio prestabilito, senza domande che non si possano fare. Dio prende sul serio la ricerca di Giobbe. Costui necessita di un senso per la vita e non accetta risposte tascabili, prefabbricate. E Dio riconosce la legittimità di questo desiderio che ha la forma infiammata e straziata di un grido.
La verità è che nel Libro di Giobbe siamo rappresentati tutti, credenti e non credenti, convertiti, inquieti, residenti e pellegrini. Giobbe ci ricorda come la sofferenza più grande stia nel non trovare un senso alla vita e nel dubitare se essa non sia, in fondo, che una passione inutile. Per questo la sua protesta costituisce una straordinaria catechesi che ci dice che la fede non è una zona di conforto, bensì un libro di inquietudine che è sempre in corso di rifacimento.