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La feroce satira di Swift contro l'economia che divora l'umanità

Alfonso Berardinelli venerdì 8 gennaio 2016
Accompagnato da un ottimo saggio introduttivo, cronologia della vita, note e bibliografia a cura di Luciana Pirè, ricompare ora da Marsilio (pagine 88, euro 10) uno dei testi più famosi, anzi il più crudelmente provocatorio della saggistica europea: Una modesta proposta (1729) di Jonathan Swift, il cui titolo continua così: «per evitare che i figli degli irlandesi indigenti siano di peso ai genitori o al Paese, facendone un beneficio per tutti». Dato che l'infanzia d'Irlanda era destinata alla miseria e all'accattonaggio, Swift propone che i bambini vengano usati per essere venduti e serviti in tavola come vivanda delicata e squisita per la classe dirigente.Il saggio è tutto costruito su un paradosso estremo ispirato dalla violenta indignazione dell'autore per quanto di mostruosamente immorale si stava rivelando con lo sviluppo dell'economia moderna e con i suoi primi teorici. Se la sola cosa che ormai conta e domina nella società è il calcolo utilitario nell'uso degli esseri umani, allora le conseguenze di questa logica devono essere dedotte e smascherate con impassibile e sanguinaria coerenza. I ricchi stanno di fatto divorando i poveri, usano e distruggono la loro vita per ingrassarsi e prosperare. Perché allora, invece che aspettare che muoiano di fame, gli infanti non vengono allevati come corpi commestibili?Alle origini del capitalismo moderno in Inghilterra, l'autore dei Viaggi di Gulliver, genio iracondo, umoristico, melanconico e visionario, svela la barbarie mascherata da buon senso della nuova civiltà economica che allora si annunciava e che crescerà ininterrottamente nel corso dei tre secoli successivi. L'economia sta diventando il nuovo dogma e nello sfruttamento intensivo e totale della vita umana Swift intravede subito una forma di antropofagia in buona coscienza. Un'antropofagia teorizzata come progresso e bene pubblico.Disgustato dalla sinistra whig, Swift diventa quello che Orwell definirà con simpatia un «tory anarchico», un ribelle conservatore. Di lui Virginia Woolf disse che «nessuno poteva comprare i suoi servizi», Edmund Wilson lo considerò un anticipatore del marxismo e T.S. Eliot lo esaltò come «il più grande prosatore inglese». Con lui la moderna satira antimoderna nasce pienamente matura.