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La faticosa ripresa dei campi

Andrea Zaghi sabato 4 settembre 2010
L'agricoltura stringe i denti: perde valore aggiunto e produzione, subisce un calo della domanda interna ma riesce a vendere di più all'estero. I coltivatori provano a ripartire in tutti i modi, ma si scontrano con una congiuntura generale ancora difficile, fanno leva su tutti i loro "tesori" agroalimentari, ma devono fare i conti con la statistica impietosa.
L'ultima, in ordine di tempo, fonte che ha lucidamente delineato la situazione è stato l'Ismea (l'Istituto che ha il compito di monitorare l'andamento dei mercati agroalimentari), che non ha dubbi: la produzione agricola e il valore aggiunto sono in flessione nel secondo trimestre del 2010, anche se migliora almeno su base congiunturale la redditività degli agricoltori, grazie ad una crescita dei prezzi all'origine superiore a quella dei costi. A questo, si aggiunge una «contrazione degli acquisti domestici dei prodotti agroalimentari, compensata da una decisa ripresa dell'export». Se si passa ai numeri, almeno quelli principali, il quadro è chiarissimo. Dopo i segnali di ripresa rilevati a inizio anno, il valore aggiunto ha subito una flessione del 2% e dovrebbe a fine anno registrare un calo del 2,9%. La produzione agricola totale nel 2010 dovrebbe contrarsi dell'1,9%. A perdere, quest'anno, sarebbero le coltivazioni, a tenere la zootecnia. Più complessa la situazione dei consumi. L'Ismea spiega che la stagnazione nei primi sei mesi del 2010 riguarderebbe di fatto solo alcuni dei principali aggregati (derivati dei cereali, carni suine, salumi, frutta e agrumi), in flessione sarebbero comparti come i vini e gli spumanti, le carni bovine; all'opposto, risulterebbero in crescita latte e derivati, ortaggi e patate, olio di oliva e carni avicole. Spaventano alcuni tracolli come quelli della pasta (-3,6%) e del pane (2,4%).
Certo, ci sono anche " come è noto " alcuni dati positivi. È stato registrato, sul primo trimestre dell'anno, un aumento dei prezzi pari all'1,4%. Come già è stato rilevato anche su queste pagine, si tratta di un segnale importante, che potrebbe rappresentare un primo timido cambio di rotta per il settore. Che va colto con maggiore prudenza di prima: i dati relativi al primo semestre del 2010 indicano ancora un calo generalizzato delle quotazioni all'origine, tranne per i comparti del latte e derivati e dell'olio d'oliva. Si è però stabilizzata, nello stesso periodo, la forbice tra i prezzi e costi, dopo la divaricazione molto accentuata del 2009. Poi ci sono le esportazioni, che nei primi sei mesi sono balzate in avanti sia in volume (+18%) che in valore (+10%). Tenendo conto che le importazioni dovrebbero crescere di meno, si stima che il disavanzo della bilancia commerciale dovrebbe ridursi del 24% in volume e del 10% in valore. Insomma, l'agricoltura italiana sembra ancora una volta essere in mezzo al guado: resiste ma non riesce ad avanzare con decisione. Serve l'ingegno degli imprenditori, accompagnato però da una "macchina amministrativa" in grado di assecondare le spinte positive.