La fatica di chi fa impresa
«C'è una priorità economica che dev'essere affrontata: fare un governo per fare cosa?»: la fatidica domanda, posta durante il meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini dal leader di Confindustria Vincenzo Boccia, è rimasta finora senza risposta. Non è una battuta da convegno, tutt'altro. È la spia del malessere profondo e trasversale che attanaglia oggi gran parte del nostro mondo produttivo, dall'intero Nord manifatturiero che vanta da Est ad Ovest fortissime connessioni con il Nord Europa fino all'Emilia del modello cooperativo e dei distretti diventati filiere lunghe nel mondo. Gli imprenditori coniugano necessariamente l'istinto con la ragione, ed è quest'ultima che sta guastando le loro vacanze. Perché negli ultimi mesi si stanno allineando rapidamente i segni meno, in ogni angolo del pianeta: dagli indicatori di base dell'economia globale che girano verso il basso alle difficoltà crescenti e impreviste del sistema produttivo tedesco, fino allo zero che domina i principali numeri di riferimento italiani. Il terreno di battaglia di chi rischia sul mercato ogni giorno sta diventando particolarmente complicato: inizia a tirare una brutta aria da New York a Pechino, passando per Berlino. In questo contesto, lo spettacolo offerto dalla politica romana negli ultimi giorni è semplicemente incomprensibile agli occhi di chi intraprende. Passi per doppi forni, tavoli di trattativa multipli, giravolte continue comprensive di inversioni ad U. I miti e i riti della politica sono quanto di più distante dalle dinamiche aziendali, tuttavia meritano il rispetto che si deve alla complessità connaturata alla gestione della cosa pubblica. Ma che possa formarsi una nuova maggioranza che – a prescindere dai colori che la caratterizzeranno – non consideri in alcun modo l'impresa come pivot dello sviluppo e della competitività del Paese, non preoccupandosi quindi di definire strategie e proposte concrete per renderla più competitiva in un contesto Paese ancora intriso di cultura anti-imprenditoriale, risulta davvero inspiegabile e inquietante per i quattro milioni di imprenditori su cui ogni giorno si fondano sviluppo e occupazione del nostro Paese. Ci sono ancora 48-72 ore di tempo per rimediare, da parte di chi sta immaginando la prossima maggioranza che dovrebbe governare il Paese. E la convergenza del mondo produttivo – associazioni imprenditoriali e sindacati insieme – cui stiamo assistendo costantemente da qualche mese è motivo rilevante di conforto e di speranza. Ma servono segnali chiari e inequivocabili da parte della politica. Per cancellare quella "sindrome di Cenerentola" di cui, troppo spesso, gli imprenditori sono costretti a soffrire in Italia.
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