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La fatica di comprendere un Dio che si fa cibo

Luigi Verdi giovedì 15 agosto 2024
XX Domenica del Tempo ordinario - Anno B Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Solo per la vita, tutto per la vita: non c’è altro motivo o fine, ragione o spiegazione. Un Dio che agisce e opera affinché ci sia più vita nel mondo; una vita infinita, eterna, che sconfigge la morte per un «per sempre» definitivo. Questo vuole farci capire oggi Gesù e ce lo ripete tante volte da sembrare quasi monotono: come un sussurro continuo, come una preghiera incessante. Lui che ci prega di non lasciarci confondere, di non prendere facili scorciatoie: la vita, quella vera, scorre solo attraverso di Lui, che si fa goccia di sangue, briciola di pane a fecondare le nostre cellule. Ma come posso crederti Dio? Come comprendere questo assurdo mistero in cui ti nascondi? Fatico già a pensarti carne, uguale alla mia, passata attraverso ogni fase di crescita, comune a noi insignificanti creature. Fatico a pensarti morto, perché un Dio non può, non deve morire. Fatico a pensarti risorto, ma razionalmente come è possibile tornare alla vita? E ora mi ripeti che devo mangiare la tua carne e bere il tuo sangue? Mi chiedi troppo, Dio, non capisco, sono come quei Giudei, che sembrano quasi scandalizzati dalle tue parole. Eppure quante volte da bambini ci siamo sentiti dire «Ti mangerei di baci», forse perché l’amore tende a fare dell’altro la carne della propria carne; e quante volte «i grandi» ci hanno stretto così forte nell’abbraccio da farci mancare il respiro, da farci quasi male, mordicchiandoci il collo o le guance. Allora forse è questo che oggi Gesù ci chiede: amami così tanto da fare di me una cosa tua, amami con tanta passione da diventare inscindibili, uno nell’altro senza separazione: «Rimani in me e io in te», come una comunione vera, sostanziale, esistenziale. «La terra, la bellezza, l’amore, / tutto questo ha sapore di pane -scrive Pablo Neruda- del mare e della terra faremo pane, / coltiveremo a grano la terra e i pianeti» e credo sia anche l’invito di Gesù per noi oggi, quello di diventare a nostra volta un boccone di pane per gli altri, un anticipo di cielo per chi ci circonda, per tutti quelli che hanno nostalgia del pane di casa.
Non potevi scegliere altro, Tu che ami la piccolezza e i dettagli, non potevi rifugiarti in posti migliori: un pane da addentare con la fame degli innamorati e una goccia di sangue per dipingere la vita di infinito. (Letture: Proverbi 9,1-6; Salmo 33; Efesini 5,15-20; Giovanni 6,51-58) © riproduzione riservata