La droga rovina vite anche dietro le sbarre
La situazione induce a pensare che serva un intervento legislativo in grado di limitare l'accesso dei tossicodipendenti agli istituti penitenziari, prevedendo per loro un percorso diverso dalla detenzione carceraria. Parliamo, insomma, delle "famose" forme alternative di espiazione della pena: se ne parla da anni, ma poco si fa. Per i tossicodipendenti occorrerebbe prevedere seri percorsi di recupero all'interno di apposite comunità, dove scontare la pena e rinascere dall'inferno delle droghe.
Dall'altra parte, tuttavia, serve rigore assoluto nel controllo e nel contrasto dell'introduzione di sostanze stupefacenti nelle carceri. Lo Stato ha il dovere di impedire ai criminali di esercitare il loro potere anche dopo gli arresti. Secondo gli ultimi riscontri, le Regioni più interessate a questo fenomeno sono la Campania, la Sicilia, il Lazio, la Puglia e la Lombardia, ma il problema ha assunto rilevanza in tutti gli istituti della penisola.
I grandi trafficanti, quelli che fanno i milioni commerciando il loro veleno dentro e fuori dalle carceri, non fanno uso di droghe. In genere vivono da nababbi, insensibili alla sofferenza e morte di tante persone a causa della droga. E quei pochi che cadono nella rete della giustizia, esercitano il loro strapotere anche nelle carceri. Sono dei Mangiafuoco che manovrano i drogati come fossero marionette, mentre questi ultimi appaiono ai miei occhi come novelli Pinocchio e Lucignolo. Che non diventeranno mai persone, se nessuno li aiuterà a tagliare i fili della droga.
Ogni giorno in carcere vedo ragazzi spegnersi nei sentimenti, nella speranza ... e nella rabbia. Lo confesso: guardando negli occhi questi giovani e giovanissimi, che vedo e amo come figli, avverto tutta la mia impotenza.
Padre Stimmatino, cappellano Casa circondariale maschile "Nuovo Complesso" di Rebibbia