La distruzione d'Europa che il Papa vuole evitare
L'Europa, compresa la Russia, come si sa uscì a pezzi dalla Seconda guerra mondiale. Molte città furono cancellate dalle carte geografiche, rase al suolo. A parte Spagna (dove le ferite della guerra civile erano ancora ben aperte), Portogallo e Svizzera, e in parte la Svezia, in tutte le nazioni il conflitto aveva lasciato solo cumuli di macerie e montagne di cadaveri. L'apocalisse, si pensò allora, non si sarebbe ripetuto mai più, la lezione era stata fin troppo dura. Per tutti, vincitori e vinti. E invece la stessa storia s'è ripetuta, nei Paesi dell'ex Jugoslavia, in Kosovo. E anche ora, in Ucraina, dove la guerra scatenata da Mosca ha già superato i tre mesi e mezzo. E ancora non si vede un barlume di luce in fondo al tunnel, e anzi ogni giorno che passa lo spettro di un'estensione del conflitto, fino allo sconvolgimento totale, si fa più cupo.
È questa la preoccupazione costante di Papa Francesco, che ancora domenica scorsa, giorno di Pentecoste, ha osservato come «a cento giorni dall'inizio dell'aggressione armata all'Ucraina, sull'umanità è calato nuovamente l'incubo della guerra, che è la negazione del sogno di Dio: popoli che si scontrano, popoli che si uccidono, gente che, anziché avvicinarsi, viene allontanata dalle proprie case». E mentre «la furia della distruzione e della morte imperversa e le contrapposizioni divampano, alimentando un'escalation sempre più pericolosa per tutti, rinnovo l'appello ai responsabili delle Nazioni: non portate l'umanità alla rovina per favore! Si mettano in atto veri negoziati, concrete trattative per un cessate il fuoco e per una soluzione sostenibile. Si ascolti il grido disperato della gente che soffre – lo vediamo tutti i giorni sui media – si abbia rispetto della vita umana e si fermi la macabra distruzione di città e villaggi nell'est dell'Ucraina. Continuiamo, per favore, a pregare e a impegnarci per la pace, senza stancarci». Continuiamo tutti, senza stancarci.