L'agroalimentare nazionale si protegge anche con i brevetti. Non solo per quanto concerne i prodotti finiti, ma anche per le materie prime agricole. Porre sotto tutela, per esempio, le varietà vegetali nostrane è, per certi versi, uno strumento che dovrebbe essere usato di più, Ogm a parte. Questa, almeno, è l'opinione di chi osserva dal punto di vista legale e giuridico il comparto della produzione e trasformazione alimentare nazionale. Partendo da alcuni numeri.Da un recente studio dell'Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (Cpvo), infatti, è emerso che il numero delle registrazioni europee di nuove varietà vegetali è cresciuto notevolmente dalle 1.458 varietà protette del 1996, alle 21.576 del 2013. Solo nella seconda metà del 2013 si è registrato un incremento del 10% del numero delle domande di registrazione rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In prima fila, nelle richieste di registrazione, paesi come Olanda, Francia, Germania e Danimarca, mentre l'Italia si aggiudica solo la quinta posizione con 102 domande inviate all'Europa nel 2013. Troppo poco, soprattutto se si pensa che occorre anche fare i conti con colossi scientifici e produttivi come gli Usa e il Giappone.Questo – fanno notare osservatori del comparto come lo Studio legale Trevisan & Cuonzo, specializzato nei brevetti europei e internazionali –, nonostante il grande potenziale italiano dal punto di vita della ricerca e della produzione agricola. Il primato nazionale in fatto di Dop, Igp e Stg – viene spiegato –, non si rispecchia nei dati di richiesta di tutela delle varietà vegetali. Eppure con "varietà vegetale", ci si riferisce non solo ai vegetali in quanto tali, ma anche al metodo di produzione, di utilizzazione ed eventuali mutazioni. Certo, occorre fare i conti anche con le dimensioni delle imprese agricole e con la situazione in cui versa la ricerca scientifica agricola nel nostro Paese. Ma – per capire meglio –, è necessario anche ricordare i rischi sul fronte della contraffazione. E non si tratta solo di pomodori cinesi spacciati come italiani oppure dei soliti – e pericolosi –, Parmesan e affini. I rischi, infatti, possono essere anche più nascosti. Basta pensare all'allarme che deve destare l'utilizzo di sementi certificate in percentuali nettamente al di sotto del fabbisogno nazionale, che svela quindi la quantità di sementi contraffatte usata per la restante parte.Insomma, la tutela del buon nome delle bontà alimentari dello Stivale passa non solo per un'informazione corretta e chiara e per controlli severi e approfonditi, ma anche per le vie legali – preventive –,troppo poco battute ed esplorate.