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La curiosità e gli inutili saperi dei social

Alfonso Berardinelli venerdì 15 febbraio 2019
Da quanto le scienze cognitive hanno oscurato il successo della psicanalisi durato più di mezzo secolo, ci si concentra meno sull'inconscio e più sulla mente. Sembra proprio che lo studio dei processi mentali e la ricerca della loro efficienza rispondano a un'evidente preoccupazione: il nostro cervello è lento, complicato, soggetto a mille interferenze fisiologiche e ambientali e se il modello di funzionamento è il computer, l'essere umano ha sempre più paura di non farcela, di non reggere al confronto.
L'ultimo numero della rivista "Mind. Mente e cervello", dedica la copertina a questo tema: Il bello di essere curiosi. Tema non nuovo, dato che si è sempre letto e sentito dire che più si resta curiosi nel corso della vita e meno il cervello invecchia. Ma si sa bene che editoria, stampa e comunicazione pubblica per attirare i lettori devono servirsi più di luoghi comuni e ossessioni collettive che di novità vere e impopolari. Il sottotitolo di copertina spiega: "La curiosità ci aiuta a esplorare il mondo e ci apre nuove strade". Non c'è male, una promessa di vitalità fa subito effetto. Nel suo editoriale il direttore della rivista Marco Cattaneo connette la curiosità a uno degli scrittori più drammaticamente impegnativi, Primo Levi, citando una sua intervista: «Davanti al personaggio di Eichmann, come a molti altri e a tutti i condannati al processo di Norimberga, la mia prima reazione non è odio, ma piuttosto curiosità». Capire, immedesimarsi, entrare nella testa, nella vita, nel destino di altri esseri umani, se di per sé non è ancora morale, è però ciò che dà materia reale alle riflessioni e ai giudizi morali. Un moralista privo di immaginazione e intuito psicologico facilmente si sbaglia nel capire come errore e verità, bene e male possano lottare fino a confondersi, contaminarsi, mascherarsi di apparenze contrarie. Il sadismo nascosto del pedagogo è un caso noto, ma anche la vanitosa autoindulgenza di chi si sente nel giusto. Senza l'esercizio della curiosità non esisterebbe il romanzo moderno, lo strumento culturale più indispensabile a chi voglia vedere in atto e studiare la vita.
Il mondo classico e medievale, con le sue saggezze premoderne seppe mettere anche in guardia contro la curiosità, i suoi pericoli e i suoi eccessi. Oggi una nube tossica di saperi e informazioni inutili avvolge ed estenua la nostra attenzione. Il problema è sempre lo stesso: la curiosità è uno stimolo iniziale, poi bisogna concentrasi e approfondire, magari decidendo che ci sono cose che è meglio non sapere.