La curiosità e gli inutili saperi dei social
L'ultimo numero della rivista "Mind. Mente e cervello", dedica la copertina a questo tema: Il bello di essere curiosi. Tema non nuovo, dato che si è sempre letto e sentito dire che più si resta curiosi nel corso della vita e meno il cervello invecchia. Ma si sa bene che editoria, stampa e comunicazione pubblica per attirare i lettori devono servirsi più di luoghi comuni e ossessioni collettive che di novità vere e impopolari. Il sottotitolo di copertina spiega: "La curiosità ci aiuta a esplorare il mondo e ci apre nuove strade". Non c'è male, una promessa di vitalità fa subito effetto. Nel suo editoriale il direttore della rivista Marco Cattaneo connette la curiosità a uno degli scrittori più drammaticamente impegnativi, Primo Levi, citando una sua intervista: «Davanti al personaggio di Eichmann, come a molti altri e a tutti i condannati al processo di Norimberga, la mia prima reazione non è odio, ma piuttosto curiosità». Capire, immedesimarsi, entrare nella testa, nella vita, nel destino di altri esseri umani, se di per sé non è ancora morale, è però ciò che dà materia reale alle riflessioni e ai giudizi morali. Un moralista privo di immaginazione e intuito psicologico facilmente si sbaglia nel capire come errore e verità, bene e male possano lottare fino a confondersi, contaminarsi, mascherarsi di apparenze contrarie. Il sadismo nascosto del pedagogo è un caso noto, ma anche la vanitosa autoindulgenza di chi si sente nel giusto. Senza l'esercizio della curiosità non esisterebbe il romanzo moderno, lo strumento culturale più indispensabile a chi voglia vedere in atto e studiare la vita.
Il mondo classico e medievale, con le sue saggezze premoderne seppe mettere anche in guardia contro la curiosità, i suoi pericoli e i suoi eccessi. Oggi una nube tossica di saperi e informazioni inutili avvolge ed estenua la nostra attenzione. Il problema è sempre lo stesso: la curiosità è uno stimolo iniziale, poi bisogna concentrasi e approfondire, magari decidendo che ci sono cose che è meglio non sapere.