«Il segreto della felicità» promesso nel sottotitolo del nuovo libro di Pippo Corigliano,
Quando Dio è contento (Mondadori, pp. 120, euro 17,50) non va cercato negli aforismi o nei racconti sapienziali più o meno orientaleggianti e, infatti, Corigliano li accantona subito. Memore dell'ammonimento di Paolo VI secondo cui, oggi, si ascoltano più volentieri i testimoni che non i maestri (e ciò vale soprattutto per i giovani), allinea una serie di testimonianze di diverso rilievo esteriore, ma tutte ricollegabili a un'esperienza condivisa: non è forse vero che le persone più felici che ciascuno di noi ha incontrato sono persone che sanno voler bene al prossimo perché, innanzitutto, sanno di essere amate da Dio, e cercano di contraccambiare? È questo sforzo di contraccambio a far contento Dio, a rendere felici, come spiega la collaboratrice domestica di cui Corigliano parla nelle prime pagine del libro, la quale si applica a rendere gradevole la vita delle persone per cui lavora e che probabilmente non si renderanno mai conto di quanto quel lavoro, in certi momenti, le costi, mentre Dio è contento di vederla lavorare così, per amore.Pippo Corigliano è napoletano e io, che lo conosco da una vita, posso assicurare che la sua napoletanità si è sviluppata e arricchita, negli ultimi anni, in misura inimmaginabile. E non c'è persona più simpatica di un napoletano che possiede tutti i lati positivi della napoletanità, l'accoglienza, la capacità di sdrammatizzare, uno humour mai amaro, una rassegnazione che diventa slancio, la capacità di godere delle cose buone della vita (compresi i cioccolatini di una certa marca) per condividerle con altri. Per questo il terzo libro di Pippo Corigliano, dopo
Un lavoro soprannaturale e
Preferisco il Paradiso (che erano simpatici, ma non come questo), ha la simpatia contagiosa della maturità, di un uomo che, napoletanamente, sa vincere il pudore di parlare anche di sé ma come in terza persona, perché quella cosa lì l'ha vissuta solo lui e vuole metterla a disposizione degli «altri» che non sono un anonimo «prossimo», ma una cerchia di amici che si vuole allargare, perché in quanti più siamo, tanto più siamo felici.È un libro spiazzante, questo Pippo III, indifeso, disarmante. L'autore ha due maestri/testimoni da cui ha imparato e a cui si ispira, Giovanni Paolo II e san Josemaría Escrivá, e lo si vede bene dal tono atletico della sua ascetica e dalla serenità «normale» che ha messo in pagina. I riferimenti sono spesso inattesi, come quando si appropria del motto degli strampalati (e simpaticissimi) Blues Brothers,
We're on a mission from God, siamo in missione per conto di Dio, dandogli pertinentemente un significato vocazionale.Alla fine, il «segreto della felicità» viene condensato in tre «finestre» da tenere sempre aperte: riscoprire la Santa Messa; confessarsi e confessarsi bene; leggere sistematicamente il Vangelo. Ci voleva proprio un napoletano per dire così apertamente, e con il tono di chi l'ha sperimentato, che solo la pratica di vita cristiana rende felici, aggiungendo una testimonianza ulteriore, quella di Leonardo Mondadori, alla cui «conversione», messa anche in libro con Vittorio Messori, Pippo Corigliano non è estraneo. E ci si accorge che a far lievitare le pagine di
Quando Dio è contento è, semplice e profondo, il senso dell'amicizia: «Non è un caso se tutti i santi sono sempre circondati da amici, mentre gli egoisti, i dittatori, i
viveur, gli avari vivono nella solitudine...».