Il 25 dicembre è passato ma il Natale continua. E non solo perché la Chiesa lo fa durare fino al Battesimo di Gesù. Resta Natale nel cuore, che non si stanca di volere armonia, nelle mani desiderose di abbracci, negli occhi impegnati a guardare oltre le smagliature di questo tempo frastornato. E poi nel presepe i Magi sono ancora distanti. Passo dopo passo, hanno raggiunto la libreria, manca mezza stanza prima di arrivare alla grotta. La cometa invece è accesa. Ovunque. Tranne che sul balcone in fondo alla strada dove l'hanno lasciata senza luci. È disegnata con semplicità, in metallo, e la vedi tutto l'anno appesa nel vuoto, come incollata alla speranza. Quasi che il tempo lì fosse perennemente consegnato all'attesa, forse, chissà, di un figlio, di un lavoro migliore, della guarigione di una persona cara. Oppure quella è proprio la stella dei Magi, che come dice Turoldo, sono i santi più nostri. Di noi che mendichiamo infinito senza accorgercene, che tante volte perdiamo la bussola, che spegniamo le candeline sulla torta e non sappiamo se ridere o piangere. E dai saggi d'Oriente adoranti del Bambino, capiamo che al di là dell'oro, dell'incenso, della mirra, conta la fatica di andare e l'umiltà di seguire la luce. Fino al dono più prezioso, fino a offrire noi stessi.