La casta dei politici, «club» esclusivo con privilegi, raccontata da un «ex»
Migone obietta giustamente che la maggior parte dei senatori non si trovano nella condizione materiale della famiglia Agnelli. Comunque sia, «resta l'aura di seduzione, non soltanto materiale, che il Parlamento esercita su chi entra a farne parte». Come è ovvio, il fatto che, dice Migone, si trasformino «i parlamentari in tacchini farciti di privilegi non può che produrre (…) un attaccamento eccessivo e impropriamente immotivato a quella carica, ma anche a una sorta di lealtà di casta».
Ecco di nuovo la parola. La casta esiste. Questo è anche inevitabile. Nello spazio istituzionalmente deputato al confronto e al conflitto politico, i contendenti, gli avversari si omologano. Il mestiere li addomestica e li rende simili. A volte è proprio la lotta tra simili quella più feroce, perché non si accetta di tollerare che un mio simile comandi molto più di me. Ma la cosa che alla fine più conta è lo stile di vita protetto e privilegiato che distingue, isola, allontana questi cittadini speciali dai cittadini non speciali. La domanda è: chi fa politica capisce i problemi di chi non la fa?