A inizio novembre, anche chi non ci va mai visita un cimitero. Un'esperienza personale e comunitaria insieme, come ritrovarsi in una città sconosciuta di cui, chissà perché, possiedi le chiavi. Si entra lenti, dopo un rapido segno della croce, sincronizzando il respiro con i passi sui sassolini del sentiero. La preghiera sulla tomba dei propri cari, poi lo sguardo gira intorno, su visi di famiglia anche se sconosciuti. E ogni volta ti catturano gli occhi grandi e scuri della ragazza appoggiata al tronco, forse di un bosco di città. Un po' più giovane di te, la frase sulla foto dice di non cercarla lì, che lei è altrove. Quasi accanto, mamma, papà e fratellino salutano un bimbo morto di pochi giorni: ciao cucciolino. Ma sono tanti i volti che scopri di avere dentro, in una scia di tenerezza, e di nostalgia. Prima di andartene, vicino all'uscita, un attimo di silenzio davanti alla casetta delle suore. I loculi sono uno di fianco all'altro in file ordinate, ricordano il coro della chiesa. Soltanto il nome e le date, tutte con lo stesso mazzolino di fiori. Come in una stanza di sorelle. Sembrano dirci che si muore da soli ma si viaggia insieme, che di là non esistono distinzioni, che come sempre penseranno poco a se stesse e molto agli altri. Che ci sarà una preghiera per noi.