Dov'eravamo rimasti? Ah, sì: al Professore sotto «scacco matto» da parte dell'ex poliziotta ormai al nono mese di gravidanza (particolare non indifferente); eravamo rimasti a Lisbona che rientra nella Banca di Spagna dove i compagni di rapina, tutti ribattezzati con nomi di città, stanno tentando di portare a termine il clamoroso furto dell'oro contenuto nei forzieri. Siamo insomma alla ripartenza dei primi cinque episodi dei dieci previsti per la quinta e ultima stagione dell'ormai popolarissima serie La casa di carta, trasmessa inizialmente dall'emittente spagnola Antena 3 e poi diffusa on line a pagamento da Netflix in tutto il mondo. Per il finale vero e proprio c'è da aspettare il 3 dicembre. Nel frattempo dobbiamo accontentarci di questi primi cinque episodi, che non mancano di colpi scena sui quali non sveleremo nulla nemmeno sotto tortura. Diciamo solo che dopo un ampio riassunto, si riprende appunto dove eravamo rimasti e cioè a «Madrid cinque giorni dopo l'ora zero» con il gruppo di rapinatori dalle tute rosse e le maschere di Salvador Dalí asserragliato tra la mura dell'istituto bancario. Ma non tutto è azione, anche se non mancano scontri a fuoco clamorosi. In deciso aumento i flashback per scavare nel passato dei vari protagonisti e per continuare a riportare in vita Berlino, uno dei personaggi di maggior successo fatto morire troppo presto. Per un momento si rivede anche Nairobi, altra scomparsa di lusso. Con lei l'amica Tokyo parlerà addirittura di Aldilà che c'è o non c'è. Il ritmo, però, ne risente e le idee continuano a diminuire. Le trovate come il personaggio transessuale di Manila spuntato fuori dalla precedente stagione e qui confermato servono a poco. Diminuisce anche la capacità di questi personaggi di mantenere quell'empatia con il pubblico esplosa con la prima stagione. L'arrivo al capolinea del Professore e compagni era pertanto inevitabile.