Rubriche

la casa della vita

Gianfranco Ravasi venerdì 31 marzo 2006
Prendete la vita come una nuvola che passa in fretta nel cielo dell"estate, o come la bellezza di un roseto profumato che non dura a lungo. Considerate la vita come una casa in cui non potete restare per molto tempo: potete abitarci dieci, cento o mille anni, ma alla fine arriverà il giorno in cui dovrete lasciarla. E date al denaro lo stesso valore che date ai sassi del sentiero, perché se lo spendete non vi resterà niente e se lo risparmiate sarà come se aveste risparmiato dei sassi.Qualche settimana fa abbiamo proposto un passo desunto da Calila e Dimna, antica raccolta di fiabe morali della cultura persiana, rielaborata da uno scrittore iraniano esule in Olanda, Kader Abdolah, divenuto uno dei più originali autori dell"attuale letteratura nederlandese (ed. Iperborea 2005). Ritorniamo ad attingere a quelle pagine, che mescolano tradizione indiane, arabe e persiane in racconti che s"incastrano continuamente tra loro, per una meditazione piuttosto severa, che ben s"adatta al tempo quaresimale in cui siamo immersi.La lezione è comune a tutte le sapienze. La bellezza ben presto sfiorisce, la vita si dissolve in un moto inarrestabile, il denaro scivola via e non riesce a rendere veramente felici. C"è un"immagine sulla quale ci soffermiamo, quella della casa della vita. Essa non è fatta solo di mura, entro le quali si sta bene, di oggetti cari, di gioielli e di libri, ma anche di affetti, di piaceri, persino di realtà tristi a cui però ci si sente legati. Ecco, più spesso dovremmo immaginare e prefigurare il distacco da tutto questo, per trasmigrare verso quello che la tradizione musulmana designa come «la più importante di tutte le case», la tomba e l"oltrevita. Un richiamo severo ma salutare al distacco, con lo sguardo fisso a ciò che non perisce ed è eterno.