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La buona lotta contro il Fentanyl Trump può trovare molti alleati

Andrea Lavazza venerdì 29 novembre 2024
Caro Avvenire, a proposito dei dazi che Trump vuole imporre per reprimere il traffico della droga illegale attraverso i confini americani, va sottolineato che il mercato degli stupefacenti funziona come un oligopolio, dove pochi potenti soggetti dominano e controllano le dinamiche di prezzi e offerta, senza mai dimenticare che dietro vi sono persone le cui vite sono colpite dalla dipendenza, dalla violenza e dal crimine. Qualsiasi strategia anti-droga efficace deve considerare il costo umano complessivo. Andrea Zirilli Caro Zirilli, le devastazioni umane del Fentanyl, che ora Trump vuole bloccare alla frontiera, sono una piaga che ha causato quasi 75mila vittime da overdose nel 2023, ma poco conosciuta al di fuori degli Stati Uniti. Documentarsi in realtà è facile: sono disponibili anche in Italia due avvincenti e insieme drammatiche serie tv Dopesick e Painkiller, un film Pain Hustlers e due documentati volumi Pain Killer e L’impero del dolore (Mondadori). Che il nuovo presidente voglia impegnarsi per limitare la disponibilità dell’oppioide antidolorifico che facilmente induce dipendenza e porta spesso alla morte è certamente lodevole. Le origini del problema sono però endogene, come si può capire dalle storie raccontate nelle opere citate sopra. Sono in maggioranza i
(i dimenticati dalla politica e dalle élite) cui si è rivolto in campagna elettorale il tycoon a essere le prede della cosiddetta droga degli zombie. Non c’è nulla della controcultura giovanile o della volontà di sperimentare nuove dimensioni nell’epidemia di Fentanyl, piuttosto la povertà e la disperazione di chi non riesce a integrarsi in un contesto individualistico e competitivo, dove i perdenti sono considerati più colpevoli per la propria sorte che meritevoli di sostegno. Se i dazi a Cina, Messico e Canada (peraltro minacciati pure come strumento per fermare l’immigrazione irregolare) avranno un effetto sulle forniture, ancora non basterà per fare uscire centinaia di migliaia di persone da una spirale autodistruttiva. Va in questa direzione la campagna informativa che Trump ha contestualmente annunciato. Essere consapevoli dei rischi letali può scoraggiare tanti dall’incamminarsi verso il baratro. Tuttavia, è soltanto una società più solidale e capace di farsi carico dei più fragili e bisognosi che riesce ad affrontare in modo efficace un’emergenza simile. Si potrebbe giocare su questo versante la sfida domestica della presidenza repubblicana che va a cominciare dal 20 gennaio prossimo. Non solo esternalizzare la lotta alle dipendenze, attribuendola all’importazione dei componenti chimici occorrenti, ma incidendo sulle cause interne, in un Paese dai forti squilibri, con grandi ricchezza, energia e vitalità da una parte, e tanta solitudine, miseria e desolazione dall’altra. Il democratico Biden, tendenzialmente più favorevole all’intervento pubblico, non è riuscito a invertire la tendenza, malgrado la crescita economica complessiva (sebbene i dati dell’anno scorso segnino la prima, minima diminuzione dei decessi per oppioidi sintetici dal 2018). La ricetta per un verso liberista di Trump, venata però di populismo dall’altro, sarà messa alla prova su questo tema, per il quale i drastici tagli al settore statale propugnati da Elon Musk non si annunciano come benefici. Stanti i rischi di una diffusione del Fentanyl e dei suoi perniciosi fratelli anche in Europa, si tratta di una battaglia importante che conviene affrontare uniti, senza barriere ideologiche né approcci strumentali ad altri scopi. © riproduzione riservata