Il terrorismo moltiplica i cadaveri solo per aumentare il terrore tra i vivi. Bisogna che ogni sconosciuto, ogni luogo, ogni cosa, anche il suolo che sostiene i nostri passi, anche il soffitto che protegge le nostre teste, anche gli oggetti più quotidiani, tutto sia carico di una minaccia incombente. Un tipo arabo (a cominciare da me stesso, se mi lasciassi crescere la barba) appare ormai come un potenziale aggressore, soprattutto se è un adolescente di 17 anni su un treno in Germania… Mi ricordo che negli anni Novanta, sui mezzi di trasporto pubblici, si diffidava soprattutto delle sacche sportive abbandonate ché potevano contenere esplosivi. Ora, l'isolamento non è più l'unico criterio e sono un camion frigorifero o un'accetta per spaccare la legna a risvegliare le nostre paure. Non dobbiamo temere solo le armi proprie, ma anche le armi improprie e quelle "improvvisate". In questo contesto di terrore, qualsiasi cosa, per la vittima come per il carnefice, si manifesta come un possibile mezzo di sterminio. Questa è del resto la religione secondo Abu Mohammed al-Adnani, il portavoce dello Stato islamico. Nel suo appello fondatore del 22 settembre 2014, al-Adnani insisteva su quella che era non soltanto una guerra totale contro gli infedeli, ma anche una mobilitazione totale della realtà come dispositivo di offesa: «Se potete uccidere un miscredente americano o europeo – in particolare uno sporco e malvagio francese – o un australiano o un canadese, o un qualunque [...] cittadino dei Paesi che sono entrati nella coalizione contro lo Stato islamico, contate allora su Allah e uccidetelo in un modo qualsiasi. Se non potete trovare esplosivo o munizioni, allora isolate l'americano infedele, il francese infedele, o uno qualsiasi dei loro alleati. Spaccategli la testa a colpi di pietre, sgozzatelo con un coltello, investitelo con la vostra automobile, gettatelo nel vuoto, soffocatelo o avvelenatelo. Se non potete farlo, bruciate la sua casa, la sua automobile o la sua impresa, o distruggete i suoi raccolti. Se non potete farlo, allora sputategli in faccia. Se rifiutate di farlo, mentre i vostri fratelli sono bombardati e uccisi, allora ripensate alla vostra religione». Non si tratta tanto di «radicalizzazione dei musulmani» (che sarebbe meglio chiamare «estremismo e sradicamento», per come inquadra le sue reclute in una violenza mondializzata attraverso una rete di relazioni virtuali, abbandonando ogni pietà verso le radici, il padre e la patria concreta), quanto della belligeranza degli oggetti: l'auto di famiglia, il coltello da cucina, la pietra della strada… E ciò che non può essere incorporato in questo arsenale – la casa, l'impresa, il raccolto, l'automobile come mezzo trasporto… – deve trasformarsi in bersaglio. Chi non divide il mondo in cose da distruggere e cose per distruggere (come in certi videogiochi dove tutto il resto è solamente sfondo) manca di religione. Dopo essersi preso una torta in faccia nel 2002 da Noël Godin (l'autore di Crème et châtiment, «Crema e castigo»), Jean-Pierre Chevènement, per aggravare la posizione del suo aggressore, aveva chiesto che quella torta alla crema – ricevuta in pieno volto al Salone del Libro – fosse considerata come «arma improvvisata» (o «per destinazione» secondo il codice francese). La richiesta fu respinta dal tribunale correzionale di Parigi. Lo stesso tribunale, tuttavia, nel luglio 2014, ha accettato questa qualifica per una piccola Torre Eiffel-ricordo di cui un venditore ambulante abusivo del Gabon si era servito per sfregiare il naso e rompere gli occhiali a un poliziotto in borghese che stava per coglierlo in flagrante. Evidentemente, la torta alla crema non è né abbastanza contundente né abbastanza perforante per costituire un'offesa fisica importante, e si può notare che nel suo elenco di modi di operare al-Adnani non menziona la torta alla crema e neppure vi fa allusione (il senso del ridicolo, bisogna riconoscerlo, fa assolutamente difetto allo Stato islamico). In compenso si immagina senza fatica che, a causa della sua portata simbolica, uno dei "soldati" dello Stato islamico possa impossessarsi di una Torre Eiffel in miniatura per pugnalare un turista. Nel 2014, l'anno del grande appello di Daesh, il fotografo americano Ed James ha pubblicato una serie di scatti intitolati Murder Weapons che ritraggono le armi del delitto più insolite, quelle cioè il cui uso ordinario non ha niente di criminale. Ogni fotografia presenta l'arma in questione sotto una luce fredda e descrive brevemente il fatto di cronaca con caratteri dattilografici, informando solamente del luogo, del sesso e dell'età dei protagonisti, oltre al nome dell'oggetto mortale. Ecco alcune di quelle descrizioni: «North Ridgeville, Ohio, un ragazzo di 16 anni uccide un uomo di 55 anni con un vasetto di cetriolini sottaceto»; «Forth Worth, Texas, un uomo di 33 anni uccide un pastore di 53 anni con una chitarra elettrica»; «Knoxville, Tennessee, un uomo di 49 anni uccide una donna di 28 anni con il coperchio di uno sciacquone»; «Hull, Inghilterra, un uomo di 21 anni uccide una donna di 26 anni con una penna a sfera»; «Houston, Texas, una donna di 44 anni uccide un uomo di 59 anni con i suoi tacchi a spillo» (25 colpi al viso); «Salt Lake City, Utah, una donna di 32 anni uccide una bambina di 5 anni con una spatola»; «Dublino, Irlanda, una donna di 45 anni uccide una donna di 81 anni con un crocifisso»… Ed James è stato per molto tempo un fotografo di pubblicità. Il suo compito era di mostrare le merci – il vasetto di cetriolini sottaceto, la penna a sfera, la spatola, eccetera – come articoli glamour, desiderabili, rassicuranti… I suoi Murder weapons rovesciano quella prospettiva pubblicitaria. Gli stessi articoli diventano ora minacciosi e repellenti. Oppure ancora desiderabili, sebbene sotto un altro punto di vista, mostrando come appaiono nella contemplazione religiosa di un soggetto dello Stato islamico. Nei Murder weapons le due prospettive sono una di fronte all'altra: la mobilitazione totale del reale fatta dal terrorismo e quella fatta dal consumismo che, sebbene distinte, non sono separate. Tutto è sottoposto al profitto, di denaro o omicida. Niente vi compare in sé, ma solo in funzione del prezzo o della carneficina. Il valore d'uso è eclissato sempre dal valore offensivo o dal valore di scambio. Non ci sono più le cose, col loro peso, la loro misura, la loro natura, ma esclusivamente le armi e gli articoli «per destinazione». Ed è perché il consumista e il terrorista vivono già in un mondo devastato che possono scatenare così facilmente la loro violenza su di esso, e, a partire da un vuoto analogo, trasformarsi l'uno nell'altro, oscillando dall'articolo all'arma, in una comune perdita delle cose.